
Università nel mondo. Dove si studia meglio?
Alla vigilia di ferragosto il quotidiano “Repubblica” ha pubblicato con rilievo una classifica delle migliori università del mondo, compilata dal settimanale americano “Newsweek“, che ha privilegiato il loro tasso di internazionalizzazione. In testa ci sono le università americane e inglesi (Harvard è la prima), ma tra le prime 100 ne compaiono molte che hanno sede in Oriente (Cina, India e Giappone, ma anche Malesia e Sud Corea), in Canada e in Australia.
L’Europa, a parte la Gran Bretagna, è rappresentata soprattutto dalla Svizzera e (poco) dai Paesi di lingua tedesca, con sporadiche presenze di Francia, Olanda, Svezia. Nessuna università italiana fa parte di questa élite.
“Repubblica” non ha fornito spiegazioni sui criteri impiegati per compilare la classifica. Lo abbiamo fatto noi anche perché, come i nostri lettori sanno, “Tuttoscuola” ha avviato da quest’anno la produzione di un “Rapporto sulla qualità nella scuola” che si avvale di una serie di indicatori per mettere a confronto e classificare non le singole scuole (gli americani, gli inglesi e altri lo fanno) ma le centro province italiane. Siamo interessati perciò a capire meglio la metodologia impiegata, i parametri utilizzati per redigere la classifica delle 100 migliori università.
Eccoli: il 50% del punteggio è stato attribuito, in parti uguali, sulla base di 3 indicatori elaborati dalla università Jiatong di Shanghai: il numero di citazioni ottenute dai ricercatori delle singole università nella letteratura scientifica più accreditata nei diversi settori, il numero di articoli pubblicati nelle riviste “Nature” e “Science“, e il numero di articoli citati negli indici della “ISI Social Sciences and Arts & Homanities“. Un altro 40% del punteggio è stato assegnato utilizzando in parti uguali i quattro indicatori messi a punto dal “Times of London Higher Education Survey“: la percentuale di insegnanti stranieri, la percentuale di studenti stranieri, le citazioni nella letteratura scientifica internazionale, il numero di studenti per docente. Il residuo 10% è stato attribuito tenendo conto delle dotazioni librarie di ciascuna università.
Come si vede, c’è una netta prevalenza di indicatori riguardanti la competenza scientifica dei docenti, e pesa molto l’appartenenza al circuito linguistico-culturale anglosassone. Mancano altri indicatori, utilizzati in altre note classificazioni (una delle quali dà al primo posto Princeton, e non Harvard), ma “Newsweek” dichiara di voler fare solo informazione, sia pure documentata e argomentata, e non indagini di tipo scientifico.
Solo gli utenti registrati possono commentare!
Effettua il Login o Registrati
oppure accedi via