UK, un freno agli studenti stranieri non UE

La Gran Bretagna da sempre ha accolto, soprattutto nelle università, studenti stranieri provenienti dal Commonwealth e da tutto il mondo. Negli ultimi anni però questa tradizionale disponibilità all’accoglienza (congiunta a una forma di egemonia culturale sulla formazione delle classi dirigenti dei Paesi di provenienza di tali studenti) è venuta meno: nel 2013, 2014 e 2015 sono stati quasi 100.000 gli studenti stranieri non Ue a cui il governo conservatore britannico ha negato il rinnovo del visto per ragioni di studio.

La notizia è stata data dalla Bbc, che ha anche fornito cifre dettagliate sulle domande respinte e sul conseguente avvio delle procedure di espulsione: oltre 30.000 per ciascun anno. Ragioni di politica interna ed elettorali hanno indotto il governo Cameron a questa svolta. Secondo il ministro dell’Interno Theresa May la decisione è stata presa per mettere fine a situazioni di abuso della condizione di studenti, che mascheravano in realtà tentativi di “immigrazione illegale”.

Valutazione contestata dalle organizzazioni studentesche e da Dominic Scott, responsabile dell’Uk Council for International Student Affairs, a cui giudizio la linea dura scelta dal governo attraverso tali provvedimenti indiscriminati è strumentale e rischia di fare dei giovani non comunitari “un capro espiatorio” danneggiando la reputazione e la capacità d’attrazione del sistema scolastico e universitario britannico.

La spiegazione data da Scott è tutta politica: il governo Cameron infierisce sugli studenti stranieri per raggiungere gli obiettivi numerici in materia di espulsione di immigrati irregolari che il premier aveva dichiarato di voler raggiungere in occasione delle elezioni. Pur di raggiungere tali obiettivi,  da presentare all’elettorato conservatore come la prova di aver rispettato gli impegni presi, Cameron trasforma gli studenti stranieri in immigrati irregolari ricorrendo a espedienti di carattere formale e procedurale. Ma se i dati raccolti dalla Bbc sono corretti – accusa Scott – “è legittimo temere che si sia puntato più ad alleggerire le statistiche sull’immigrazione che a colpire abusi reali”.