
La Buona Scuola. Una riforma incompiuta?
L’interrogativo se lo pone Luciano Pazzaglia, docente presso l’Università Cattolica di Milano, autorevole storico della scuola e direttore dell’Archivio per la Storia dell’educazione in Italia, in un agile saggio, appena uscito in libreria, che reca lo stesso titolo e sottotitolo (La Buona Scuola. Una riforma incompiuta?, editrice La Scuola, Brescia, 2016).
La sua risposta è che sì, al momento la Buona Scuola è un “abbozzo”, una “scommessa”, insomma una scatola vuota, che solo i numerosi decreti delegati potranno riempire di contenuti, potenzialmente validi ma ancora tutti da scrivere e da verificare nella loro operatività. In questo senso la riforma è ‘incompiuta’.
Le premesse perché essa si compia comunque ci sono. Pazzaglia considera in particolare, in questa ottica, i temi dell’autonomia scolastica e dell’arricchimento dell’offerta formativa tramite i Piani triennali, ma segnala anche il rischio (condividendo in ciò i timori espressi dal senatore del Pd Walter Tocci in Parlamento e in un recente saggio), che l’abbondante normativa in arrivo con i decreti, interpretata burocraticamente da presidi ‘manager’ (e non ‘leader educativi’), finisca per soffocare la progettualità delle scuole e la creatività didattica dei corpi docenti.
L’autore, dopo aver accuratamente ricostruito l’iter parlamentare della legge 107 (il cui testo è riportato in appendice), ne analizza i principali aspetti: oltre a quello dell’autonomia, il piano per l’assunzione dei precari, i nuovi poteri del dirigente scolastico, l’alternanza scuola-lavoro, il potenziamento degli ITS, le detrazioni per la scuola paritaria, argomenti a ciascuno dei quali dedica specifici capitoli. Vengono anche presentati con attenzione altri temi considerati di rilevanza strategica come quello della formazione in servizio obbligatoria dei docenti e quello della inclusione.
Il saggio si conclude con un capitolo, “La riforma alla prova”, che disegna con efficacia l’alternativa di fronte alla quale, secondo Pazzaglia, i decisori politici si troveranno nei prossimi mesi, in sede di implementazione della legge: “se continuare a restare in qualche modo legati, magari senza confessarlo esplicitamente, a un’autonomia funzionale al soddisfacimento di una domanda formativa di carattere utilitaristico-mercantile o se non si debba piuttosto cercare di mettere in atto un’autonomia che consenta di approfondire la ricerca e la pratica di una scuola come bene comune”.
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