
Non sono solo i sindacati a lamentarsi per i tagli subiti dalla spesa per la scuola pubblica (nel senso di statale) nell’ultimo quinquennio. Anche i gestori delle scuole paritarie protestano per il taglio di 167 milioni di euro (su circa 500), disposto dal governo Berlusconi con la legge finanziaria dell’anno scorso.
Il ministro Fioroni si è impegnato a ristabilire il finanziamento, che deriva dalla legge n. 62/2000 sulla parità (introdotta dal centro-sinistra), nella misura precedente, ma l’operazione non si presenta facile, perché da un lato il ministro Padoa Schioppa insiste perché la spesa globale per l’istruzione sia diminuita, e dall’altro non mancano proteste alquanto retrò contro l’”anticostituzionale finanziamento delle scuole private” che il recupero dei 167 milioni comporterebbe.
D’altra parte, come segnala Luigi Morgano, segretario nazionale della FISM (la Federazione Italiana delle Scuole Materne di ispirazione cattolica), senza quel contributo molte scuole materne paritarie, già in difficoltà, sarebbe costrette a chiudere, e alcune di esse sopravvivono solo grazie all’aumento dei contributi delle famiglie o accendendo mutui con le banche.
Ma se le scuole materne paritarie chiudessero (ci sono anche quelle gestite dai Comuni), l’onere di far fronte alla domanda delle famiglie ricadrebbe sul sistema statale, con costi economici finali anche superiori. Ai quali si aggiungerebbero anche rilevanti costi politici sul versante del mondo cattolico, che vedrebbe delusa una sua forte aspettativa.
E’ probabile, viste le notevoli implicazioni (complicazioni) politiche, che la questione venga risolta, e che le proteste degli iper-laici non abbiano seguito, anche perché i contributi alle scuole materne non statali sono stati previsti in via ordinaria dalla stessa legge istitutiva della scuola materna statale (n. 444 del 1968), che riconosceva la non applicabilità per questa fascia di scuola del divieto costituzionale di finanziamento delle scuole private.
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