Riforma dell’esame di maturità: verso una valutazione più personale e concreta

Allora non servono tante alchimie sulla formazione delle commissioni: ai loro docenti il compito di riassumere il percorso e di rassicurarli per il futuro, e forse nessuno più si rifiuterebbe di sostenere il colloquio, anzi sarebbe questo l’elemento dirimente capace di fare sintesi sui risultati. A cosa servono i commissari esterni? A tenere il punto sul valore legale del titolo, assieme a tutti gli strumenti burocratici per regolare la valutazione, la correzione degli elaborati, ecc. Ed anche sulle prove scritte si potrebbe discutere, quando nel corso dei cinque anni i docenti hanno avuto modo di considerarle, oltre a superare l’uso esclusivo del linguaggio verbale, a fronte di tante altre fonti alternative.

Il colloquio non è solo pluridisciplinare, ma vede proprio il dispiegarsi della personalità, condotto anche con altri strumenti tecnologici e linguistici, che sanno gestire un sapere complesso ed hanno necessità di evidenziare competenze trasversali e relazionali, anche attraverso esperienze concrete, non solo raccontate, ma realizzate, non solo negli istituti professionali. Questo è il modo per raggiungere gli obiettivi che la legge propone circa la capacità di raccordare le conoscenze acquisite e di argomentare in modalità critica e personale, nonché l’impegno evidenziato in azioni particolarmente meritevoli, anche attraverso le attività di formazione-lavoro (non più PCTO), uscendo dalla routine dell’esamificio.

I crediti formativi ed il curriculum dello studente saranno in grado di documentare sul percorso compiuto ed affrancare i presupposti per la prosecuzione degli studi, se si vuol uscire dallo stereotipo dell’età ed andare davvero incontro al merito, senza di nuovo immergersi nel dedalo dei punteggi, che poi alla fine producono ugualmente i 100 e lode.

Un codicillo interessante è la possibilità di cambiare corso di studi al primo anno, qualora si ritenesse quelle effettuata una scelta sbagliata, che è la causa principale degli insuccessi e degli abbandoni, ma chi volesse cambiare al terzo anno deve sottoporsi ad un esame integrativo. Sarebbe l’occasione per facilitare anche il rientro da parte di coloro che avevano intrapreso percorsi diversi (es. formazione professionale), ma anche qui occorrerebbero i crediti, previsti da un vecchio decreto Moratti, di cui qui però non si fa cenno.

Ritornare alla persona dunque, deprezzando il titolo, anche per contrastare i diplomifici, ma soprattutto per lasciare spazio ai tanti modi introdotti nel corso degli anni per accertare l’idoneità a proseguire gli studi o ad entrare nel mondo del lavoro, che oggi si rivolgono non a performance definite, ma a persone ben “formate”, che sappiano interagire con i mondi esterni con competenza e responsabilità.

La legge 164 sembra fare alcuni passi avanti ed altri indietro, ci vuole più coraggio se si vuole che questa riforma dell’esame di “maturità” abbia valore: gli studenti se ne accorgeranno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA