
Donatella Finocchiaro: ‘E’ necessario educare i giovani ad essere unici, a non temere di distinguersi’

Di Sara Morandi
L’evento al Teatro Politeama di Prato è stato un grande successo: una serata dedicata a Goliarda Sapienza che ha saputo combinare teatro, letteratura e identità femminile in un’unica, potente celebrazione. Donatella Finocchiaro, insieme a Livia Gionfrida, ha esplorato l’universo di Sapienza, una scrittrice e attrice che ha trasformato la parola in un atto di libertà e coraggio, invitando ad una riflessione profonda e condivisa. Se l’attrice dovesse indossare i panni di una docente di “Educazione Civica”, punterebbe sull’importanza dell’educazione e del rispetto. Questi valori, spesso trascurati o considerati obsoleti, sono invece fondamentali per la formazione dei giovani. Inoltre, l’artista crede nell’esigenza di educare i ragazzi a sviluppare un senso estetico personale e unico, incoraggiandoli a non avere paura di distinguersi. Questo insegnamento, secondo Finocchiaro, deve essere trasmesso con equilibrio, senza costringere e né assecondare troppo, ma stimolando la partecipazione e la consapevolezza civica.
Nell’ambito del suo coinvolgimento e del successo riscosso con il progetto “La farmacia delle parole” al Teatro Politeama di Prato, come riesce a trasmettere l’intensità e la complessità del pensiero di Goliarda Sapienza?
“‘La farmacia delle parole’ è un titolo che mi affascina moltissimo, perché rappresenta perfettamente ciò che Goliarda Sapienza ha realizzato. Goliarda ha scritto che è necessario rinnovare le parole troppo usate, troppo consumate e, ormai logore, cercando di guarirle dalla loro vecchiaia. Credo che Goliarda sia una delle scrittrici più straordinarie del Novecento, di un’altezza e di una poesia che sono rare da trovare. L’ho amata fin dalla prima volta che ho letto ‘L’arte della gioia’ e, da allora, fino a ‘Il filo di mezzogiorno’, il mio amore e la mia devozione per Goliarda sono sempre cresciuti. In questo contesto, discutere di Goliarda al Teatro Politeama di Prato, è stata un’esperienza straordinaria, in un’atmosfera meravigliosa creata da Olivia Gionfrida, con un musicista e luci splendide. È il clima dell’arte e della gioia che cerchiamo di ricreare ogni qualvolta ci esibiamo su un palco”.
Se dovesse vestire i panni di una docente e insegnare “Educazione Civica” nelle scuole, quali argomenti riterrebbe fondamentali da affrontare con i giovani e come cercherebbe di stimolare la loro partecipazione e consapevolezza civica?
“Nell’ambito dell”Educazione Civica’, mi concentrerei sull’importanza dell’educazione e del rispetto, termini che possono sembrare un po’ desueti o troppo sfruttati, ma che sono ancora fondamentali da trasmettere. È ciò che cerco di fare con mia figlia: educarla, trasmetterle insegnamenti sul rispetto, sulla bellezza, sulla grazia, e sull’importanza di sviluppare un senso estetico personale e unico, senza conformarsi agli altri. Durante l’adolescenza, è comune il desiderio di uniformarsi al gruppo, di fare ciò che fanno gli altri. È una fase che tutti abbiamo vissuto. Tuttavia, è proprio in questo periodo, con mia figlia che ha 11 anni ed è in piena preadolescenza, che ritengo sia fondamentale insegnare il valore della diversità e dell’individualità. È necessario educare i giovani ad essere unici, a non temere di distinguersi. Questo è un insegnamento che sia i genitori sia gli insegnanti dovrebbero continuare a trasmettere: oggi e in futuro, in un mondo in cui le parole possono avere un potere immenso”.
Qual è il sogno che coltiva per i giovani del futuro, specialmente in un mondo in cui le parole, come dice il titolo del progetto a cui partecipa, possono essere sia cura che ferita?
“Le parole, come Lei ha giustamente sottolineato, possono essere sia una cura che una ferita. Con una parola si può fare del bene o del male: come diceva Goliarda, proprio come con un coltello o con il veleno. Per questo, dobbiamo fare attenzione al loro utilizzo. È fondamentale l’uso corretto dell’espressione, della gentilezza e del modo di comunicare. Credo fermamente che ci servirebbe una sorta di ‘farmacia delle parole’, un ‘dottore delle parole’ che ci insegni come parlare e come relazionarci con gli altri attraverso la comunicazione e il dialogo, utilizzando parole appropriate e contestualizzate. Non è facile insegnare il rispetto e l’educazione ai giovani. È un’utopia? Non credo. Per il bene dei giovani e del loro futuro, credo che si possa trovare un modo per educarli senza costringerli troppo ma nemmeno assecondandoli eccessivamente. È essenziale trovare un giusto equilibrio, come dico spesso a mia figlia. Per me, questo è un banco di prova molto importante; trovare una via di mezzo tra ciò che è giusto e ciò che sentiamo come importante.
Durante l’adolescenza, il punto di incontro spesso si trasforma in conflitto. Molti ragazzi e genitori si trovano in questo totale disaccordo, che è psicologicamente necessario, ma che si può tradurre in un vero e proprio scontro. Tuttavia, capisco che in questo momento con il conflitto, mia figlia sta creando la sua indipendenza da me e dalla genitorialità. È un processo molto faticoso per noi genitori. Ora comprendo mia madre e quello che ha passato con me, poiché anch’io sono stata un’adolescente un po’ impegnativa”.
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