Marco Falaguasta: ‘Sogno una scuola che non si ferma al giudizio, ma curiosa delle storie degli alunni’. L’intervista

Di Sara Morandi

Marco Falaguasta, attore romano di grande talento e versatilità, è noto anche per il suo impegno nel teatro di narrazione. In questa intervista, ci ha offerto uno sguardo sincero e riflessivo sulla sua carriera e sulle influenze che hanno plasmato il suo approccio artistico. Con una formazione in Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma, l’artista esplora come il suo background accademico abbia arricchito la sua arte e il suo modo di scrivere e recitare. Marco ci ha condotto attraverso le tematiche centrali del suo spettacolo “Il Meglio di Noi”, analizzando le sfide che i genitori moderni affrontano nel dialogare con la nuova generazione e il ruolo che il teatro può giocare nel facilitare questo processo. Inoltre, ci ha parlato della potenza emotiva della musica nei suoi spettacoli, come in “Noi non ci facciamo riconoscere”, e del suo impatto sul pubblico. Falaguasta ha condiviso anche le sue attuali esperienze lavorative, inclusa la scrittura di un nuovo spettacolo dedicato al tema della scuola, e ci ha offerto la propria visione di una scuola del futuro: un luogo dove la curiosità e le storie degli allievi prendono il posto del giudizio e che possa offrire molti spunti di riflessione, scoprendo più da vicino il mondo che li circonda.

Un caloroso benvenuto a Marco Falaguasta su “Tuttoscuola”. Riflettendo sui suoi studi in Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma, in che modo ritiene che la sua formazione accademica abbia influenzato la sua carriera artistica e il suo approccio alla scrittura e alla recitazione?

Credo abbastanza. L’abitudine a studiare e approfondire da sempre la possibilità di non accettare tout court il pensiero dominante. E penso che il mandato di chi fa teatro di narrazione sia quello di fornire spunti per pensare oltre il già pensato”.

Nel suo spettacolo “Il Meglio di Noi”, esplora i cambiamenti sociali e generazionali. Quali sono, secondo lei, le principali sfide che i genitori di oggi affrontano nel relazionarsi con le nuove generazioni, e come il teatro può aiutare a superarle?

“Ritengo che un certo tipo di racconto possa fornire degli spunti di riflessione ma che rimangono tali se a questi non ne consegue la disponibilità dei genitori a ‘prendere sul serio’ le esigenze dei propri figli”.

La musica ha un ruolo centrale nei suoi spettacoli, come in “Noi non ci facciamo riconoscere”. Può raccontarci come sceglie le colonne sonore per i suoi spettacoli e quale impatto spera che esse abbiano sul pubblico? L’educazione musicale può essere utile nelle scuole in tutti i gradi?

“Sono convinto che sinceramente, la musica sia un enorme generatore di emozioni e quindi nei miei spettacoli la utilizzo sempre insieme ai miei racconti per ambientarli anche da un punto di vista emotivo. L’educazione al bello è fondamentale in tutte le sue declinazioni”.

Nel suo percorso artistico, ha lavorato in diversi ambiti come teatro, cinema e televisione. Quali sono le novità che La riguardano? Nuovi progetti?

“In questo momento la cosa che mi tiene più impegnato è la scrittura dello spettacolo che debutterà ad ottobre p.v. e che tratterà proprio della scuola”.

Cosa dovrebbe offrire la scuola per il futuro? Che scuola sogna per le nuove generazioni?

“Il mio professore d’Italiano diceva sempre che la scuola è quel posto dove, tutti i giorni, dalle 8, ognuno di noi può fare una rivoluzione. Sogno una scuola non ferma nell’ossessione del giudizio ma curiosa delle storie degli alunni”.

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