Microscuole: un’alternativa alle scuole tradizionali e all’homeschooling?

Negli Stati Uniti, che hanno un sistema scolastico estremamente flessibile e aperto all’innovazione, privo com’è di modelli, standard e regole prescrittive, definite a livello centrale (cioè federale, ma anche a livello statale esiste grande flessibilità), va prendendo consistenza una nuova tipologia organizzativa di scuola, alternativa alle due principali: le scuole tradizionali (pubbliche, private o charter, il modello base è lo stesso: edifici più o meno grandi e aule) e l’homeschooling che negli USA è utilizzato da oltre tre milioni di studenti (dati 2022), a costi decrescenti (ormai è possibile acquistare un curricolo completo K-12 a poco più di 100 dollari).

Si tratta delle microscuole (microschools), scuole costituite a volte da una sola classe, o al massimo due o tre, comunque poche, frequentate da non più di 6-7 alunni per classe e allocate in edifici privati, accanto ad appartamenti abitati spesso dai genitori degli stessi alunni. Il fenomeno è andato crescendo dopo il 2020-21, anno del Covid, tanto che il New York Times gli ha dedicato un ampio servizio pochi giorni fa: “Ci sono pochi dati sulle scuole”, scrive il quotidiano nell’articolo firmato dalla giornalista specializzata Dana Goldstein, “ma il National Microschooling Center, un gruppo di pressione che organizza i promotori di tali scuole, stima che ci siano 95.000 tra microscuole e strutture a sostegno all’istruzione domiciliare (home-schooling pods), che servono oltre 1 milione di studenti. Durante l’anno scolastico 2023-2024, un terzo delle scuole ha ricevuto finanziamenti pubblici attraverso programmi simili a voucher, rispetto al 18% di un anno fa.

I motivi che spingono le famiglie a scegliere questo tipo di scuole sono in parte simili a quelli che trent’anni fa diedero origine all’homeschooling: un mix di diffidenza verso le scuole pubbliche (classi troppo affollate, alta conflittualità tra studenti, frequenti scioperi dei docenti), volontà di dare ai figli un’educazione religiosa e morale tradizionale, massima flessibilità oraria e possibilità di seguire da vicino la crescita educativa dei ragazzi. A questi si sono aggiunti negli ultimi anni il bullismo, la diffusione delle droghe, l’inadeguata assistenza che le scuole tradizionali offrono agli alunni con disabilità soprattutto di carattere psichico, a partire dall’autismo, un aspetto che il servizio del NYT mette in particolare luce attraverso interviste e testimonianze.

Rispetto all’homeschooling e ai suoi tutors, le microscuole hanno il vantaggio di avvalersi di docenti specializzati che hanno un rapporto personalizzato, in presenza, con gli alunni e i genitori, e soprattutto quello di rispondere alla principale obiezione che psicologi ed educatori rivolgono all’ homeschooling: quella di far mancare ai bambini e agli adolescenti la fondamentale esperienza della socializzazione.

Certo, sarebbe irrealistico pensare che il modello delle microscuole americane possa essere esportato in Paesi, come l’Italia, che ha una storia anche istituzionale così diversa da quella statunitense. Però forse, in certi piccoli comuni in via di spopolamento, dove esistono ancora oggi le pluriclassi, e in situazioni di particolare disagio economico e sociale, dove sarebbe necessario effettuare interventi davvero straordinari, riducendo drasticamente il numero di alunni per classe, e magari anche nel caso dei bambini stranieri che non sanno una parola di italiano (dei quali ha parlato il ministro Valditara) il modello delle microscuole avrebbe qualcosa da insegnare…Perché no?

Gli effetti del trend demografico sono talmente gravi che vale la pena pensarle tutte. L’attivazione di microscuole materne e primarie all’interno di aree condominiali rappresenterebbe una misura concreta di contrasto della decrescita demografica.

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