
Quali le ragioni sindacali del no alla riforma?
Quali sono le ragioni profonde, vere, forse non dichiarate, di tanta avversione dei sindacati nei confronti della Buona Scuola?
Forse sono contrari all’assunzione di 100 mila precari e all’imminente bando per assumerne altri 60 mila? Oppure protestano, perché, dopo le previsioni e le promesse di un anno fa quei posti sono meno di quelli annunciati?
Non sono d‘accordo forse sulla previsione di dotare ogni istituzione scolastica di sei-sette docenti in più per realizzare progetti e interventi di miglioramento dell’offerta formativa?
Forse sono contrari a consentire ad ogni scuola di utilizzare annualmente 23/24 mila euro per premiare, con criteri autonomamente definiti, i propri docenti più meritevoli?
Temono che premiando i migliori si mortifichino gli altri? Può darsi.
Forse non sono d’accordo sul voucher di 500 euro all’anno per ogni docente che consente a ciascuno di scegliere la forma e gli strumenti per la propria formazione e per il proprio aggiornamento professionale? E non sono nemmeno d’accordo che la formazione dei docenti ritorni ad essere obbligatoria? Può darsi, ma sembra improbabile.
Per non parlare dei milioni d’investimento per mettere in sicurezza le scuole.
Se la contrarietà a tutto questo costituisce un no di facciata, quasi un pretesto, quali sono allora le ragioni vere dell’ostilità sindacale alla legge?
La ragioni possono comunque essere molte. Prima di tutto occorre distinguere all’interno del fronte sindacale per capirne le ragioni. C’è chi è spinto da ragioni ideologiche o politiche, chi da interessi di vario tipo, chi dal desiderio di salvaguardare la scuola da problemi organizzativi, e che vorrebbe che ci si muovesse con maggiore cautela. Crediamo che un denominatore comune sia da ricercare in una ragione di metodo, cioè nella esclusione del sindacato dalle decisioni sul cambiamento, e nel conseguente rischio che l’implementazione delle linee strategiche della riforma sia lasciata a pochi funzionari, magari giovani e senza sufficiente conoscenza della complessa macchina organizzativa del sistema scolastico, senza usufruire delle competenze specialistiche del sindacato e della sua capacità di interpretare e anche di incidere sugli umori della categoria. Per decenni il sindacato ha partecipato, ha avuto confronti, è stato consultato, ha concertato e anche condizionato le scelte dell’esecutivo, ma ora è stato lasciato fuori della porta, non è entrato nella stanza dei bottoni, non ha avuto voce in capitolo.
La mobilitazione a cui i sindacati stanno chiamando la categoria, a costo anche di arrivare alla paralisi della scuola, nasce anche da qui.
Solo gli utenti registrati possono commentare!
Effettua il Login o Registrati
oppure accedi via