Tuttoscuola: Non solo statale

Bologna, il referendum è come se non ci fosse mai stato

Come molti lettori ricorderanno, lo scorso 26 maggio, nel Comune di Bologna si è tenuto un importante referendum sull’abrogazione della convenzione con le scuole dell’infanzia paritarie, che consentiva alla municipalità di erogare circa 1 milione di euro di fondi pubblici a queste scuole.

A votare furono in 85.934, il 28,71% degli aventi diritto (non era prevista una percentuale minima per la validità della consultazione, peraltro non vincolante). Di questi, 58% disse no alla proroga del regime di finanziamenti comunali alle paritarie.

Da allora, la querelle è tra i non abrogazionisti della convenzione, con il sindaco Virginio Merola in testa, che considerano troppo esigua la percentuale dei votanti per tenerne conto, e i promotori del referendum che rivendicano il risultato della maggioranza uscita fuori dalla consultazione.

Ieri, a due mesi dalla consultazione, la resa dei conti in Consiglio comunale, con due ordini del giorno contrapposti: quello del Pd che chiedeva di non smantellare un sistema collaudato, e quello di Sel e del Movimento 5 Stelle che chiedeva, invece, di rispettare l’esito del voto e cancellare, sia pure gradualmente, il finanziamento alle private.

L’ordine del giorno del Pd ha finito con l’essere approvato, con 27 voti del Pd, Pdl e Lega Nord, che blindano “l’attuale sistema pubblico integrato“, lasciando del tutto inalterato il milione di euro che il Comune dovrà versare alle scuole materne private.

Hanno votato contro l’Odg Sel, Movimento 5 Stelle e l’ex grillina Federica Salsi (che proponevano il dimezzamento dei fondi), mentre Francesco Errani, renziano del Partito Democratico, si è astenuto.

Dura la reazione del Comitato articolo 33, che ha promosso il referendum comunale per l’abolizione dei finanziamenti pubblici alle scuole materne paritarie e che ha invitato il Comune a cancellare lo strumento dei referendum consultivi: “Mantenere uno strumento formale di consultazione della cittadinanza – scrivono i promotori – e poi ignorare ciò che emerge dall’esercizio di tale strumento democratico è un atto di ipocrisia istituzionale, oltreché uno spreco di risorse pubbliche. Si abbia il coraggio della coerenza e si agisca conformemente“.

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