Tuttoscuola: Non solo statale

Echi e polemiche post referendum di Bologna

Secondo i promotori del referendum di Bologna sul finanziamento alle scuole paritarie una recente sentenza della Corte dei Conti di Napoli, che ha ritenuto legittima l’assunzione di 300 maestre da parte del Comune, fa cadere ”le principali motivazioni” del ricorso a un sistema misto pubblico-privato.

Lo sostiene, in una nota, il comitato ‘Articolo 33’, a cui avviso “La vittoria dell’amministrazione di Napoli rappresenta una felice notizia per chi crede che i diritti costituzionali non possano essere costretti dentro la ‘camicia di forza’ del patto di stabilità”.

Il comitato afferma che ”viene così a cadere una delle principali motivazioni dei difensori dello status quo per i quali, anche se si fossero risparmiati gli 1,2 milioni che ogni anno il comune di Bologna destina alle scuole dell’infanzia private, non lo si sarebbe poi potuto investire per la scuola pubblica, statale e comunale’‘. E, inoltre, ”cade la principale motivazione per creare un’azienda per i servizi alla persona, in cui trasferire scuole materne e maestre”, come prevede invece il progetto del Comune di Bologna.

E’ tuttavia assai difficile che il Comune di Bologna, orientato a confermare il finanziamento alle scuole paritarie malgrado l’esito del referendum consultivo, sia indotto a ritirarlo sulla base della sentenza della Corte dei Conti di Napoli. Non solo perché, come osserva Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola, non può avere “valore cogente una tesi che ha raccolto il 59% in una votazione cui ha preso parte solo il 28% degli aventi diritto”, ma anche perché la normativa costituzionale proprio all’art. 33 quando afferma che “La Repubblica istituisce scuole statali di ogni ordine e grado” si riferisce a quelle a frequenza obbligatoria, e non alla scuola dell’infanzia che non è obbligatoria e per la quale quindi non opera il “senza oneri per lo Stato”. 

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