
Manca un mese e mezzo al referendum bolognese contro i fondi comunali alle scuole paritarie di Bologna e il clima si sta facendo incandescente, anche perché la questione rischia di assumere rilevanza nazionale.
Quanto meno è questo l’obiettivo del comitato Articolo 33 che ha lanciato un appello a tutta Italia, ottenendo firme autorevoli di adesione.
Hanno già firmato, tra gli altri, Maurizio Landini, Andrea Camilleri, Margherita Hack, Wu Ming, Sabina Guzzanti e Moni Ovadia.
”La portata di questo referendum va ben oltre i confini comunali – affermano i referendari – È l’occasione per dare un segnale forte contro i continui tagli alla scuola pubblica e l’aumento dei fondi alle scuole paritarie private”.
A dire il vero, mentre per le scuole statali sono noti i tagli operati negli ultimi anni, per le scuole private le riduzioni dei finanziamenti sono note soltanto ai gestori interessati. Ma ci sono state.
Per la riduzione dei finanziamenti statali la Fism (Federazione delle scuole materne) nei mesi scorsi aveva lanciato l’allarme per il rischio di chiusura di molte scuole a causa della insufficienza dei fondi pubblici.
Per i promotori del referendum, comunque ”da Bologna può ripartire un movimento di cittadini che impegni le amministrazioni locali e il prossimo governo a restituire alla scuola pubblica la dignità e la qualità che le spettano”.
Il referendum costituisce anche un problema politico non trascurabile per il PD che si è schierato nettamente contro. Di questi tempi e con il M5S (a Bologna ha raccolto il 18% dei voti alle politiche) che è contro il finanziamento pubblico alle scuole non statali, l’esito potrebbe non essere scontato.
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