
Dopo i referendum: cambierà qualcosa per la scuola?
Nelle scorse settimane ci siamo più volte soffermati sull’importanza politica dell’accoppiata elezioni amministrative (di Milano in particolare)-referendum per le inevitabili ripercussioni che tali consultazioni di massa avrebbero avuto sulla stabilità dell’attuale quadro politico.
La settimana che si apre dovrebbe offrire qualche elemento di chiarezza sulle sorti dell’attuale governo e della composita maggioranza che lo sostiene, diversa da quella uscita dalle elezioni del 2008. Il presidente Berlusconi ostenta sicurezza, ma l’improvvisa accelerazione del confronto politico – anche all’interno della stessa maggioranza, come si è visto nel raduno di Pontida della Lega – sembra preludere a una fase di tensioni e incertezze che condurrà probabilmente a una anticipata conclusione della legislatura, forse con una legge elettorale diversa dall’attuale.
I segnali di smarcamento della Lega dalla maggioranza si colgono su vari fronti, dalla politica estera a quella della sicurezza a quella fiscale, e si notano anche nel campo della politica scolastica. La guerra ‘nordista’ combattuta nei giorni scorsi da parlamentari della Lega contro l’”invasione” degli insegnanti meridionali ne è testimonianza, e mette in difficoltà chi, come Berlusconi (e anche Gelmini come esponente Pdl), fa sempre più fatica a trovare un punto d’equilibrio tra le istanze regionaliste che provengono non solo dalla Lega ma anche da alcune regioni del Sud come la Sicilia.
L’indebolimento dell’esecutivo, e della sua capacità di mediazione/sintesi, lascia spazio all’iniziativa di altri soggetti, come le neoformazioni sindacali e soprattutto la magistratura, che interviene sempre più spesso in materia scolastica: in questo epilogo del berlusconismo ai contratti e agli accordi tra governo e sindacati della scuola si vanno ormai sostituendo sentenze e ordinanze. Sarà così, temiamo, fino a quando il quadro politico e governativo non avrà raggiunto un sufficiente grado di chiarezza e di stabilità.
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