Tuttoscuola: Non solo statale

De Rosa (Asspi) a Tuttoscuola: Sì alla detrazione fiscale delle spese per le paritarie

Nell’ambito delle iniziative legate all’apertura di un canale tematico dedicato alle scuole paritarie, Tuttoscuola prosegue il suo forum sull’istruzione non statale. Questa volta ha riposto alle nostre domande Carlo De Rosa, presidente dell’Asspi, l’Associazione Scuole Paritarie Italiane.

Pres. De Rosa, come valuta, a distanza di dieci anni, i risultati delle legge n. 62/2000 sulla parità scolastica?

La legge 62/2000 è stata una legge giusta: il Legislatore ha finalmente riconosciuto il ruolo indispensabile delle scuole  private nell’ambito del sistema dell’istruzione, prevedendo, pertanto, la costruzione di un sistema integrato che può  produrre nel tempo sicuri positivi risultati. Tuttavia è mancato alla spinta iniziale un ulteriore impulso atto a definire nuovi valori di riferimento  che non possono essere solo quelli derivanti dalla comune applicazione dei programmi ministeriali ma che devono ricercarsi nelle positive esperienze  della gestione delle istituzioni private, da sempre impegnate a pensare ed a  realizzare  formule innovative per venire incontro alle mutevoli esigenze delle famiglie; insomma occorre far riferimento ad un modello di scuola più calata nella società e che punti sulla qualità e sull’innovazione per offrire un servizio di istruzione a passo con i tempi.     


Sul finanziamento delle scuole paritarie ci sono tuttora opinioni molto contrastanti, che vanno dal rifiuto di qualunque tipo di sostegno economico all’idea che la preclusione costituzionale (“senza oneri per lo Stato”) vada interpretata nel senso che lo Stato non può avere in nessun caso l’ obbligo di finanziare le scuole non statali, anche se paritarie, ma ne può avere la facoltà, ovviamente sulla base di una legge. Qual è la Sua opinione in proposito?

Il finanziamento alle scuole paritarie è un falso problema. Infatti, una volta  riconosciuto a livello istituzionale la funzione pubblica svolta da tali istituzioni, la questione dei finanziamenti non ha motivo di esistere, in quanto i genitori devono essere messi in condizioni di scegliere liberamente il tipo di scuola, statale o paritaria, a cui affidare i propri figli. Il finanziamento alle scuole paritarie, a ben considerare, è perciò un finanziamento indiretto alle famiglie, poiché lo Stato, coprendo in quota parte i costi di gestione delle scuole paritarie, consente agli alunni di usufruire del servizio di istruzione pubblica offerto da tali istituti con limitati costi  appunto per le famiglie. Il divieto costituzionale, poi, va inteso nel senso che lo Stato non può finanziare scuole private; ma nel caso di specie lo Stato finanzia istituzioni che svolgono funzioni pubbliche. Semmai, a livello normativo, dovrebbero prevedersi accorgimenti atti ad evitare in ogni caso un  indebito finanziamento del profitto.

   
Gli interventi per il diritto allo studio, che sono di competenza  regionale, non fanno distinzione di trattamento tra alunni di scuole statali e paritarie. Potrebbe essere questa la strada per venire incontro alle maggiori spese dei genitori che scelgono la scuola paritaria?

Il diritto allo studio è un bene primario a cui lo Stato non può rinunciare delegando proprie incombenze alle Regioni. Lo Stato pertanto deve, in via prioritaria, prevedere nel proprio Bilancio gli oneri per sostenere il sistema integrato di istruzione. Le Regioni, poi, autonomamente possono contribuire ad implementare un sistema di finanziamento statale con formule aderenti alle composite realtà territoriali, senza  distinzione tra scuole statali e paritarie. Quindi è normale che alcune Regioni  optino per un “buono famiglia” ed altre per il finanziamento di progetti obiettivo tendenti a valorizzare nuove  proposte di offerta formativa. Le Regioni insomma è bene che  attuino  modalità di intervento anche  diversificate ma che comunque  consentano alle famiglie di poter scegliere il tipo di scuola statale o paritaria alla quale  accedere, sempre tenendo conto che dette scuole devono mirare essenzialmente alla qualità del servizio di istruzione, i cui oneri devono prioritariamente gravare sul bilancio statale.

 
Che cosa pensa della detraibilità fiscale delle spese sostenute dai  genitori che iscrivono i loro figli alle scuole paritarie?

Non si può che parlare bene di tale previsione normativa. Le famiglie, potendo beneficiare della detrazione, hanno un ulteriore stimolo per poter liberamente scegliere  la scuola migliore per i propri figli.  Nel contempo, tale previsione costituisce, in linea di ragionamento, un buon deterrente alla ipotetica  redazione di bilanci  non accorti.

 

L’ipotesi più radicale è che a tutti i genitori venga dato un buono  studio, corrispondente a un costo standard calcolato a livello nazionale, spendibile indifferentemente nelle scuole statali e in quelle paritarie. Che cosa ne pensa?

Bisogna essere chiari: le spese delle scuole statali sono a carico dello stato mentre quelle delle scuole paritarie gravano sull’ente gestore. Pertanto alle famiglie che scelgono le scuole statali non viene richiesto di coprire in modo diretto tali spese che ricadono indirettamente, in maniera indifferenziata, su tutta la comunità con il pagamento delle tasse. Invece, nel caso della  scelta di scuole paritarie, le famiglie  coprono direttamente tali spese mediante contribuzioni all’ente gestore. Nell’ipotesi di assegnazione di un buono studio alle famiglie, non essendovi più finanziamenti diretti alle scuole paritarie, gli enti gestori di dette scuole, per coprire le spese, si vedranno costretti a richiedere un aumento delle contribuzioni alle famiglie. In pratica, quindi, per le famiglie non cambia nulla nel caso della scelta di scuole paritarie. Nel caso di scelta di scuole statali, poiché le spese già vengono coperte appunto dallo Stato, non si comprende la finalità del buono studio. Pertanto la possibile attribuzione di un buono studio alle famiglie mi sembra un’ipotesi di lavoro che deve essere meglio approfondita.

Nelle ultime settimane si è parlato spesso della costituzione di  albi regionali degli insegnanti abilitati, dai quali le istituzioni scolastiche  autonome, statali e paritarie, possano attingere direttamente, scegliendo,  senza rigidi vincoli, i docenti migliori.
Rispetto all’obiettivo di qualificare l’offerta formativa delle scuole,  quali elementi positivi o negativi ritiene che abbia la proposta?

La costituzione di Albi professionali a livello Regionale mi sembra che sia una pratica già in uso nel nostro ordinamento. Si pensi in proposito agli Albi Regionali dei Segretari Comunali. Pertanto, non credo che vi possano essere motivi ostativi alla costituzione di
Albi regionali degli insegnanti abilitati. E’ ovvio che tali Albi dovrebbero essere formati inserendo i curricula dettagliati degli insegnanti, le cui probabilità di essere scelti dalle istituzioni scolastiche statali e paritarie aumenterebbero nel caso di migliore formazione. Di conseguenza le istituzioni scolastiche, scegliendo insegnanti con maggiori competenze, migliorerebbero complessivamente la loro offerta formativa.

 
Nelle settimane scorse è stata avanzata la proposta di definire graduatorie regionali che, rispetto alle attuali graduatorie che graduano i docenti secondo punteggi previsti dalle norme, dovrebbero introdurre nuovi requisiti finalizzati ad assicurare maggiore stabilità dei docenti.
La maggiore rigidità che conseguirebbe dalla proposta può assicurare maggiore qualità al servizio? Se sì, sarebbe opportuno che venisse estesa anche alle scuole paritarie?

Se la maggiore stabilità è legata ad una radicazione degli insegnati sul territorio, precludendo loro di esercitare il giusto diritto  ad una mobilità a livello nazionale, non mi sembra che questa sia una ipotesi accettabile, soprattutto nell’ottica di una libera circolazione del lavoro. Poi credo che la mission  della scuola paritaria  sia anche quella  di realizzare una scuola di qualità che si propone come centro attivo  di riferimento delle istanze socio-educative e culturali provenienti dalla società civile. Una stabilità degli insegnanti legata alla loro permanenza  sul territorio, pertanto, non favorirebbe il necessario interscambio di esperienze occorrente per affrontare le  varie realtà con cui si deve confrontare l’istituzione scolastica in generale ed in particolare la scuola paritaria. 

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