L’outing del sottosegretario Faraone rilancia il dibattito sul sostegno

L’intervista rilasciata al Corriere della Sera (23 aprile) da Davide Faraone, sottosegretario al Miur dal novembre 2014 e presidente della onlus FIA (Fondazione italiana per l’autismo) da aprile 2015, spiega bene le ragioni del suo impegno personale, oltre che politico, sulla tematica della disabilità: sua figlia Sara soffre di autismo, e ciò lo ha indotto (ma non subito: “all’inizio tenevo nascosta la sua disabilità”, come tanti altri genitori) a cercare di “sfruttare il mio ruolo istituzionale e fare qualcosa per lei e per tutti i bambini con disabilità”, ha detto con sincerità alla giornalista Claudia Voltattorni.

La sua vicenda personale gli ha fatto scoprire direttamente gli ostacoli e le difficoltà che incontrano i bambini disabili e i loro genitori, dall’instabilità degli insegnanti di sostegno all’isolamento di cui i bambini spesso soffrono in classe per non parlare delle complicazioni burocratiche, diverse a seconda degli Enti locali e delle Asl di appartenenza.  A tutto questo, promette Faraone, si porrà termine esercitando l’apposita delega contenuta nella legge 107. Il comma 181, punto c, della legge prevede tra l’altro la “ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno al fine di favorire l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l’istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria” e la “revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione”.

Non solo: in un altro dei 9 sottopunti del medesimo comma 181, punto c, si prevede “l’obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e per i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici e organizzativi dell’integrazione scolastica” (e analogo obbligo vale anche per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario).

Questo significa, e Faraone lo fa intendere chiaramente, che gli insegnanti di sostegno del futuro dovranno essere più specializzati di quelli attuali (“Ci accusano di voler portare i terapisti in classe, ma vogliamo che chi farà l’insegnante di sostegno sia preparato”), e più al servizio delle classi e dei colleghi che dei singoli bambini, visto che tutti gli insegnanti dovranno essere formati sulla tematica dell’inclusione. In prospettiva (ma su questo Faraone, almeno in questa occasione, non si è espresso), se tutti gli insegnanti curricolari acquisissero le necessarie competenze in materia di integrazione, quelli di sostegno dovrebbero diminuire consistentemente: sarebbero più specializzati per le diverse forme di disabilità ma assai meno numerosi. 

Sulla prospettiva di un nuovo modello di sostegno, segnaliamo il servizio di copertina del numero di febbraio 2016 di Tuttoscuola, ricco di dati e con un interessante proposta di Italo Fiorin sul passaggio dal paradigma dell’integrazione al paradigma dell’inclusione.