Cenerini (ADI) sul Ddl: dilettanti allo sbaraglio…

L'incapacità di ripensare i curricoli è la questione più grave, quella che avrà le ricadute più pesanti sulla formazione culturale e professionale dei giovani.

Alessandra Cenerini è la presidente della Associazione Docenti e Dirigenti scolatici Italiani (ADI), la nota e dinamica organizzazione bolognese impegnata da anni sul fronte della ricerca e della progettazione educativa. Attività realizzate anche attraverso una serie di seminari internazionali di rilevante interesse e originalità, e anche per questo sempre molto affollati. Tuttoscuola le ha rivolto alcune domande sul Disegno di legge sulla Buona Scuola varato dal Governo.

Come valuta l’ADI il provvedimento nel suo complesso?

La prima cosa che colpisce è il dilettantismo e l’approssimazione di un testo legislativo che vorrebbe cambiare la scuola. D’altra parte quando a fondamento del provvedimento c’è la necessità di collocare 100.000 insegnanti, non si può pretendere che il risultato sia un disegno coerente con i bisogni formativi dei giovani.

Che cosa si sarebbe dovuto fare?

Si doveva almeno tenere separata la parte di immediata esecutività relativa alle assunzioni dalla delega al Governo su ben 14 temi, che nel pot-pourri complessivo appaiono come una sommatoria di elementi senza una ‘visione’ che li colleghi e li finalizzi. L’ADI aveva salutato con favore alcune significative promesse della Buona Scuola, che però sono state del tutto dimenticate. Mi riferisco al nuovo stato giuridico degli insegnanti, all’avvio della carriera dei docenti, all’eliminazione delle supplenze.

Su questi temi c’è stata una correzione di rotta. Chi l’ha voluta?

E’ stata esiziale la parola d’ordine del Capo del Governo sulla ‘supplentite’, senza conoscere perché e dove nasce questo fenomeno. Così la soluzione è stata un’operazione identica a quella della legge 270 del 1982, che inventò, con i risultati che tutti conosciamo, le dotazioni organiche aggiuntive, oggi più elegantemente chiamate ‘organico dell’autonomia’. Ed è preoccupante la perentorietà con cui vengono eliminati gli incarichi a tempo determinato dopo tre anni, senza aver prospettato alcuna soluzione alternativa (problema segnalato con forza anche da Tuttoscuola, ndr). La sola possibilità era e rimane quella che sui posti vacanti e disponibili (quelli sui quali al compimento del triennio scatta la sanzione europea) si proceda annualmente con concorsi decentrati a livello di scuola o reti di scuole attingendo da un albo regionale degli abilitati. E invece si ripropongono i concorsi nazionali, rimangono le graduatorie e la raccolta punti, in breve tutto l’armamentario di sempre. 

Il disegno di legge rafforza molto il ruolo del dirigente scolastico anche per quanto riguarda la chiamata dei docenti che fanno parte dell’organico dell’autonomia. Non è questo un elemento di novità rispetto al passato?

Ma l’autonomia delle scuole è diventata l’autonomia del dirigente scolastico, solo al comando. In nessun paese d’Europa il preside ha un potere così vasto e senza controllo. Non si può continuare a pensare che l’istituto scolastico possa affrontare le sfide dell’autonomia e dell’innovazione, mantenendo una struttura organizzativa fondata sul sostanziale bipolarismo capo d’istituto/docenti, senza nessun livello intermedio di leadership e di figure specialistiche. E come si fa a parlare di autonomia, quando i POF dei singoli istituti scolastici  devono passare attraverso  la valutazione e approvazione dell’USR e del Ministero? In questa festa cartacea dove migliaia di POF faranno il giro d’Italia alla ricerca di firme, verifiche, approvazioni, modifiche, l’unica cosa certa è che mancherà il curricolo, quello fondato sui bisogni reali degli allievi e le effettive condizioni del territorio.

Tuttoscuola ha messo in rilievo il rischio di un eccessivo appesantimento degli obiettivi di apprendimento e dei carichi di lavoro degli studenti. Qual è la vostra opinione?

Siamo in presenza di un pervasivo “potenziamento” dei curricoli esistenti già afflitti da bulimia. Le materie opzionali sono tutte  aggiuntive. Che cosa succederà negli istituti professionali dove oggi si insegnano 14 discipline? E nella scuola primaria, dove l’ulteriore affollamento di insegnamenti darà al curricolo l’aspetto di quello di un liceo? Sono scelte che rasentano l’irresponsabilità.

Contrariamente a quello che sembrano pensare gli estensori del disegno di legge, bisognava operare la riscrittura degli attuali curricoli, riformulando le competenze e prosciugando i contenuti, superando l’obbligatorietà di tutte le discipline con l’inserimento di materie o progetti “a scelta” degli allievi, in sostituzione di altre non in aggiunta.

A ben guardare questa incapacità di ripensare i curricoli è la questione più grave, quella che avrà le ricadute più pesanti sulla formazione culturale e professionale dei giovani.