Gelmini: il precariato è un problema enorme. Quindi?

Dobbiamo fare una grande riflessione sugli errori fatti in passato”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, riferendosi al tema del precariato. A margine di un incontro alla Camera su “L’Università possibile: esperienze in atto”, il ministro ha ammesso di essere alle prese con un problema enorme.

Dopo aver precisato di aver concordato anticipatamente con il ministro Tremonti l’immissione in ruolo di circa 20-30 mila persone, ha fornito cifre un po’ “a braccio” sulle dimensioni del fenomeno che, a suo dire, ha toccato quest’anno le 110mila unità di supplenti annui e 140mila non annuali (senza contare i 200mila docenti non abilitati). Si tratta di una quantità mostruosa, tanto che “alla fine ciò che si riesce a fare è veramente poco rispetto al fabbisogno”.

Sarebbero, dunque, secondo il ministro, 250mila i precari della scuola, ma in effetti, tra docenti e Ata sono fortunatamente molto meno (180 mila circa). Tuttavia, 180 mila precari, cioè circa il 15% dell’intera forza lavoro della scuola statale italiana, sono, comunque, come ammette il ministro, “un problema enorme”.  

Il precariato – come il ministro ha sempre tenuto a sottolineare –  è una patologia del nostro sistema di istruzione che ha radici lontane e origini imputabili ad altri momenti, ad altri governi, ad altri ministri. Ma, se fino a un po’ di tempo fa quel ritornello sulle colpe degli altri poteva essere capito, ora però chi amministra ha l’obbligo e la responsabilità di assumere decisioni per rimediare alle scelte errate di altri.

L’avere ammesso che quello dei precari è “un problema enorme” può essere il primo passo per preparare soluzioni adeguate a questa enormità.

Poiché tutti sanno che il costo dei precari attuali è uguale a quello del personale di ruolo appena assunto (lo stipendio è il medesimo), la loro stabilizzazione non avrebbe costi significativi. Le condizioni in Parlamento per varare una legge bipartisan ci sono: ne guadagnerebbe anche la qualità della scuola in termini di stabilizzazione.