Tuttoscuola: Non solo statale

Quel contraddittorio affondo del premier sulla scuola pubblica

Oggi come 17 anni fa. Davanti alla platea del congresso dei Repubblicani e all’assise dei Cristiano Riformisti, il premier ha riletto il programma elettorale del primo Berlusconi del 1994, pieno di proclami sui valori etici e sociali, come se fosse già in campagna elettorale, anziché impegnato in azioni di governo per realizzare concretamente quegli obiettivi.

Berlusconi ha annunciato un no deciso alle nozze gay e all’adozione da parte di single, sapendo che quella era musica per le orecchie di chi ascoltava in sala e per chi, oltre Tevere, vuole essere rassicurato su problematiche che stanno scuotendo la società civile. Dichiarazioni, le sue, per compiacere l’uditorio e recuperare qualche credibilità sui valori morali ed etici.

Ma, in particolare, Berlusconi ha attaccato la scuola pubblica, affermando che “Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori“.

17 anni dopo, quell’attacco alla scuola pubblica ha scarsa credibilità per la sua deludente generalizzazione e indiscriminatezza, e visto che nel frattempo al ministero dell’istruzione si sono succeduti soprattutto ministri di centro destra.

Ma proprio sull’attacco alla scuola pubblica o, meglio, sull’implicita difesa della scuola privata Berlusconi ha toccato l’apice della contraddizione, visto che proprio il suo governo è quello che, ancor meno di altri governi di centro-sinistra, ha poco assistito la scuola paritaria in termini di finanziamenti e di sostegno, come ben sanno le associazioni delle scuole private e la stessa Chiesa di Roma, ripetutamente delusa, sotto questo aspetto, da quello che forse ritiene (o riteneva) governo “amico”.

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