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Emergenza educativa: gli allarmi della Banca d’Italia

La Banca d’Italia ha pubblicato oggi l’occasional paper n. 14, dal titolo “I divari territoriali nella preparazione degli studenti italiani: evidenze dalle indagini nazionali e internazionali”.

L’analisi, condotta da Pasqualino Montanaro, mette a confronto le principali indagini internazionali sulla scuola: Ocse-(Pisa), Timss e Invalsi. Come è noto, queste indagini mostrano un livello inferiore della preparazione dei nostri studenti rispetto a quelli degli altri Paesi.

Non meno preoccupanti sono però i divari interni al nostro Paese: gli studenti meridionali mostrano una preparazione inferiore in tutte le materie oggetto di indagine (capacità di comprensione di un testo, matematica, scienze, problem solving).

“Questi differenziali territoriali sono accentuati nelle scuole tecniche e in quelle professionali, meno nei licei, e tendono a crescere durante il percorso scolastico. Nel Mezzogiorno anche la dispersione nei risultati tra gli studenti risulta più elevata. Al quadro emerso dalle rilevazioni esterne non corrisponde quello tracciato dai voti scolastici” (che, tradotto, vuol dire che i voti sono un parametro di valutazione poco significativo).

Inoltre, “le caratteristiche della famiglia di provenienza esercitano un forte impatto sulla preparazione scolastica, specialmente negli anni della scuola dell’obbligo. In particolare, una parte significativa dei divari tra Nord e Mezzogiorno è attribuibile agli studenti provenienti da famiglie svantaggiate”. “Nel passaggio alla scuola secondaria di II grado (scuola superiore), l’influenza della famiglia risulta attenuata, una volta considerati il tipo di scuola frequentata e, soprattutto, le diverse caratteristiche della scuola frequentata, suggerendo che l’influenza familiare si esercita soprattutto nella scelta dell’istituto scolastico”. Queste affermazioni, contenute nella sintesi dello studio (il cui testo integrale è visibile qui), si traducono anch’esse nei dati, gravi, che la scuola è assai limitatamente un fattore di riscatto o crescita sociale, che le famiglie povere crescono studenti meno bravi, che vengono poi convogliati verso la formazione professionale, mentre le famiglie benestanti crescono studenti più preparati, che sono indirizzati verso la formazione liceale. Al sud, dove è più diffusa la povertà, gli studenti risultano meno bravi.

Non è solo lo studio sui divari territoriali degli studenti italiani che ha lanciato un segnale di allarme sull’istruzione in Italia, ma lo stesso governatore della Banca d’Italia Mario Draghi.

Salutando brevemente gli studenti che hanno ricevuto il “premio per lo studio della matematica e dell’informatica nelle scuole superiori”, il governatore ha ricordato il grave ritardo dei nostri giovani nei confronti dei giovani degli altri Paesi, soprattutto in matematica. Draghi ha anche sottolineato che il 38,8% dei quindicenni in Italia non raggiunge il livello di competenza giudicato minimo in una società avanzata, contro il 21,3% della media dell’area Ocse.

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