Un’insegnante di scuola dell’infanzia che non lavora a caso

Nei giorni scorsi abbiamo riportato alcuni servizi sul monitoraggio sulle Indicazioni per la scuola dell’infanzia. Un lettore commentava i dati mettendone in dubbio la completa attendibilità, in quanto, a suo parere, gli insegnanti rispondo “a caso”.

Una lettrice interviene su quella “accusa” e su altri aspetti del monitoraggio. Pubblichiamo la sua lettera. 

Nella mia scuola ho contribuito ad individuare le risposte appropriate da dare al questionario sulla scuola dell’infanzia e mi sono trovata in grave difficoltà non perché lavoro “a caso” ma al contrario perché, lavorando progettando e verificando in modo sistematico, sperimentando, studiando, adattando i documenti programmati alla situazione reale, pensando, riflettendo, cercando di trovare metodologie sempre più appropriate al raggiungimento delle quattro finalità della scuola
dell’Infanzia: Identità, autonomia, competenza e cittadinanza… non ho trovato, in quel questionario, una sola domanda che mi permettesse di descrivere il “lavoro reale” che si svolge nelle scuole dell’infanzia che conosco e che vivo da quasi quaranta anni!

Al contrario, ho trovato che le domande erano proprio “fuori” dalla realtà di tutti i giorni che si svolge in una scuola statale di periferia” povera e carente di tutto ma piena di persone
(docenti, bambini, genitori…) con tanta voglia di lavorare e …di divertirsi, perché la scuola non è solo un luogo di “duro sacrificio” o di “gioco” ma anche un luogo di scoperte appassionanti, di avventure meravigliose che ci permettono di apprendere ed insegnare divertendosi.

Erano domande sui  documenti programmatici non applicati, i documenti programmatici invece sono punti di partenza, sono le radici dalle quali partire per arrivare lontano. Ma le domande volevano sapere solo delle “radici”.

Alla domanda che serviva indirettamente a verificare l’attendibilità di altre risposte… volevo rispondere che “non seguivo nessuno dei campi d’esperienza” perché i campi d’esperienza non sono
materie o discipline ma sono “campi” e, quindi, non se ne può seguire uno o l’altro ma si devono seguire tutti  insieme perché l’uno si insinua nell’altro in modo trasversale e ne diventa parte integrante; sono punti di vista diversi di contenuti uguali o diversi.

Se io avessi risposto a quella domanda di non seguire nessun campo d’esperienza, perché, secondo me, la domanda non era appropriata al significato del concetto: “Campi d’esperienza”,  voi come mi avreste giudicata sicuramente una insegnante che “lavora a caso” e, forse, non è proprio così!

Pina Canarezza