Tra scuole pollaio e scuole a rischio

Secondo Carlo Rienzi, combattivo presidente del Codacons, figlio di una storica figura del sindacalismo scolastico autonomo, Vincenzo Rienzi, “in Italia le scuole a rischio sono ben 12.000, ossia il 28% del totale e il dato è stato fornito proprio dal ministero della Pubblica Istruzione”.

Secondo Rienzi, “il ministro dell’Istruzione Gelmini, evidentemente contrariata per la decisione del Tar del Lazio sulla nostra class action contro le classi pollaio, ha iniziato a ‘dare i numeri’, fornendo cifre rassicuranti sullo stato degli edifici scolastici e smentendo i dati in materia provenienti dal suo stesso dicastero”.

A quali numeri si riferisce Rienzi? Probabilmente a quelli cui fa riferimento anche Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola, che traduce polemicamente in cifra assoluta la rassicurante percentuale dello 0,4% di classi con un numero di alunni pari o superiore a 30 fornita dal ministro Gelmini: oltre 1500. “Potranno anche essere poche rispetto alle 370.000 funzionanti”, commenta Scrima, “ma non ci sembrano un fenomeno da liquidare come ‘inesistente’. E poi, continua, “il concetto di affollamento chiama in causa non solo il numero di alunni, ma l’adeguatezza degli spazi in cui sono ospitati”.

Le classi-pollaio di cui parla Rienzi insomma possono anche contenere meno di 30 alunni, che stanno però in aule troppo piccole, magari adattate, a volte fatiscenti. In realtà quello delle classi sovraffollate è solo una parte del più grande problema delle scuole “con gravi criticità”, quantificate in 12.000 dal decreto interministeriale Miur-Mef del 23 settembre 2009 con riferimento all’anno scolastico 2009-2010.

Il ministro ha ribadito che la questione della sicurezza e dell’edilizia scolastica “è da sempre una delle priorità del ministero”, e lo dimostra il fatto che “è già stato stanziato un miliardo di euro e assegnata una prima tranche di 358 milioni per avviare gli interventi più urgenti”. Ma i tempi dell’edilizia scolastica sono in Italia purtroppo assai lunghi e i problemi di fattibilità complicati, perché richiedono il concorso di diversi soggetti istituzionali, che spesso non collaborano tra loro.