TFA: quello strano fuori quota

Il ministro Profumo ha annunciato che ai 20 mila professori selezionati per accedere ai TFA (c’è in palio l’abilitazione all’insegnamento) potranno aggiungersi, fuori quota, tutti gli altri professori privi di abilitazione che hanno almeno tre anni di insegnamento alle spalle.

La motivazione di questa ammissione senza passare dalla selezione si baserebbe sul fatto che tre anni di servizio sono sufficienti per garantire una buona base professionale che non richiede accertamenti e selezione. Sarà… ma ci sia consentito qualche dubbio.

Ma allora, perché non ammettere – come ha richiesto l’ANINSEI – anche i prof che in condizione di parità hanno insegnato nella scuola paritaria?

Ma il problema vero è un altro.

Ammesso che questo fuori quota non venga anche esteso, come invece hanno richiesto alcuni sindacati e rappresentati politici, ai professori con almeno 360 giorni di servizio (un anno di insegnamento), c’è da porsi una domanda di fondo: è logica e legittima questa quota aggiunta al numero programmato dei 20 mila?

A suo tempo il ministro Gelmini ha avuto con il mondo dell’università un lungo braccio di ferro per contenere il numero programmato per i corsi TFA nei limiti del fabbisogno previsto, fronteggiando una richiesta generalizzata che chiedeva molto ma molto di più.

Questo fuori quota, di entità non definita, fa saltare il banco.

Già le quote ufficiali tenevano conto di un incremento del 10% sul fabbisogno stimato dagli Uffici scolastici territoriali. Alla fine, con soddisfazione delle università e dei prof  fuori quota ammessi, nonché di quel variegato mondo sindacal-politico che ruota intorno ai precari della scuola veri e non, avremo molti abilitati più del necessario.

Il che andrebbe anche bene, se dietro non ci fosse l’equivoco e la speranza che tutti coloro che conseguiranno l’abilitazione alla fine dei corsi TFA, fuori quota compresi, abbiano il diritto d’ufficio di accedere ai posti o di entrare nelle graduatorie ad esaurimento.

Pochi, probabilmente, sanno che l’abilitazione conseguita serve soltanto per partecipare ai concorsi per esami (quando verranno) e per entrare nella seconda fascia (quella degli abilitati) per le supplenze.   

Sarebbe auspicabile che ministro Profumo, nell’annunciare queste aperture, chiarisca contestualmente l’obiettivo finale della sua proposta e gli effetti conseguenti.