SPECIALE CONTRATTO SCUOLA

 

Il commento generale sulle linee fondamentali di struttura del contratto

 

 Il testo integrale definitivo dell’ipotesi di accordo

 

 Le tabelle:

Nuove situazioni stipendiali CCNL 2002-2003 (con calcolo degli arretrati e degli aumenti per categoria e anzianità)

Nuovi stipendi netti mensili del personale scolastico statale dal 1° gennaio 2003

Unità di personale coinvolto dal contratto

 

Pillole sul contratto:

1. La firma a luglio e i soldi ad agosto
2. Gli arretrati lordi: da un minimo di 795 euro a un massimo di 2.437
3. Un esercito di beneficiari
4. Quello che il contratto non dice
5. Il sindacato che non firma è escluso dalla contrattazione
6. Come la mettiamo con l’orario d’insegnamento nella primaria?
7. Dirigenti ingabbiati
8. La spartizione del potere tra dirigente scolastico e Rsu
9. Gli effetti del conglobamento dell’indennità integrativa speciale
10. Sorpasso: i segretari ora guadagnano più dei professori
11. L’escalation dei segretari
12. L’esercito degli Ata
13. I nuovi stipendi netti/1: l’appiattimento tra le funzioni
14. I nuovi stipendi netti/2: l’appiattimento delle carriere
15. L’ENAM ringrazia

 

1. La firma a luglio e i soldi ad agosto

Venerdì 16 maggio Aran e sindacati hanno raggiunto l’intesa al termine di un lungo negoziato che si era aperto circa sette mesi fa per rinnovare il contratto di lavoro scaduto il 31 dicembre 2001.

Il rinnovo riguarda l’aspetto normativo che avrà durata quadriennale (1° gennaio 2002-31 dicembre 2005) e l’aspetto economico di durata biennale (1° gennaio 2002-31 dicembre 2003). Ciò vuol dire che tra sette mesi Aran e Sindacati dovranno nuovamente ritrovarsi per trattare la parte economica del biennio 2004-2005. Nulla vieterà, come è già successo in passato, che nell’occasione si possa mettere mano anche alla parte normativa.

L’intesa del 16 maggio non è ancora il contratto vero e proprio, ma ne costituisce l’ipotesi sostanziale che i sindacati sottoporranno alla consultazione della categoria. Vediamo l’iter che porterà alla sottoscrizione formale.

Nelle prossime settimane e comunque prima di entrare in zona scrutini ed esami, si terranno in tutte le scuole le assemblee consultive di contratto.

Poi i sindacati ritorneranno all’Aran e convalideranno il testo, con eventuali modifiche (e saremo oltre la metà di giugno). Il testo costituirà l’accordo formale che l’Aran invierà prima al Comitato di settore presso la presidenza del Consiglio (che avrà cinque giorni di tempo per esaminarlo) e poi, se non verranno richieste precisazioni o correzioni per adeguarlo alle linee direttive emanate, verrà inviato alla Corte dei conti per l’autorizzazione definitiva.

Dopo l’autorizzazione della Corte (esplicita o con il silenzio-assenso dopo quindici giorni), il testo sarà pronto per essere sottoscritto formalmente dalle parti, prevedibilmente intorno al 10-15 di luglio.

Solamente dopo la sottoscrizione del contratto sarà possibile corrispondere gli aumenti e gli arretrati che, anche nella migliore dell’ipotesi, difficilmente potranno essere corrisposti prima di agosto.

 

2. Gli arretrati lordi: da un minimo di 795 euro a un massimo di 2.437

L’effetto del contratto in busta paga si farà sentire nei prossimi mesi in due momenti distinti: prima sarà adeguato lo stipendio mensile alle nuove misure ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_104-2.doc ) e poi verrà corrisposto (agosto?) l’arretrato per gli aumenti decorrenti dal gennaio 2002 e dal gennaio 2003.

Gli aumenti che riguardano lo stipendio vero e proprio hanno effetto su tutte le mensilità (13.ma compresa); quelli relativi al compenso accessorio (CIA per il personale Ata e RPD per i docenti) hanno effetto sulle normali 12 mensilità (esclusa la 13.ma).

Considerato che con tutta probabilità gli arretrati verranno liquidati in un’unica misura e riguarderanno tutto il 2002 e almeno i primi sette mesi del 2003, si può stimare che al lordo raggiungeranno questa misura complessiva, variabile secondo l’anzianità di servizio:

– docenti delle superiori: da 1.444 a 2.437 euro

– docenti della scuola media: da 1.444 a 2.364 euro

– docenti diplomati della secondaria: da 1.366 a 2.261 euro

– docenti di materna ed elementare: da 1.366 a 2.219 euro

– assistenti amministrativi: da 905 a 1.184 euro

– guardarobieri: da 812 a 1.027 euro

– collaboratori scolastici: da 795 a euro 1.009

Per stimare il netto effettivo che verrà messo in busta paga, si può calcolare mediamente una riduzione complessiva (per contributi ed Irpef) di oltre un terzo: 795 euro lordi corrispondono quindi a circa 550 netti e 2.437 euro lordi valgono circa 1.600 netti.

 

3. Un esercito di beneficiari

Questo è il primo contratto della scuola nel quale non sono rappresentati i capi d’istituto e il personale delle Accademie e dei Conservatori, che hanno un contratto a parte.

Sono rimasti quindi nel contratto del comparto scuola “solamente” i docenti e il personale Ata.

Ma non sono pochi. Anzi, sono quasi un esercito, nonostante le riduzioni di organico che da anni, anche prima dell’avvento del ministro Moratti, venivano operate dalle varie leggi finanziarie.

I posti di insegnante, coperti da personale di ruolo o a tempo indeterminato, sono in tutto attualmente 747.155, di cui 83.626 nella scuola dell’infanzia, 252.266 nella scuola elementare, 176.358 nella scuola media e 234.905 negli istituti secondari superiori.

Se a questi docenti se ne aggiungono altri 20 mila operanti su posti in deroga per il sostegno, altrettanti e più insegnanti di religione, oltre ai 18 mila fuori ruolo o distaccati dalla scuola per svolgere altri incarichi, si arriva a superare le 800 mila unità, senza contare le migliaia di supplenti che lavorano per contratti brevi e che, calcolati in persona/anno, sono più di 50 mila.

Il personale Ata si è arricchito, come si sa, degli organici del personale già dipendente dagli enti locali. Mettendo insieme una squadra (tra bidelli e impiegati) che sfiora le 200 mila unità.

Con questo milione di addetti il contratto della scuola è indubbiamente quello di maggior rilievo all’interno dei comparti pubblici. Comprensibile quindi la soddisfazione dei sindacati firmatari e, soprattutto, del Governo che incassa un buon risultato politico proprio alla vigilia di una tornata elettorale.

 

4. Quello che il contratto non dice

È già stato giudicato un buon contratto e, sotto diversi punti di vista, certamente lo è.

Ma non è un contratto di svolta, di scelte nuove e innovative. Sembra piuttosto un contratto che potenzia e razionalizza l’esistente, un contratto di conservazione, quasi di attesa.

È costituito da 141 articoli, 11 tra tabelle e allegati, raccolti in 529 pagine che comprendono anche tantissime note di riferimento legislativo e contrattuale e i vecchi contratti coordinati e raccolti. Una mole di norme che sembra dare risposta a tutto, ma che nasconde invece alcuni vuoti clamorosi.

A cominciare dal mancato obiettivo dei livelli retributivi europei che, grazie ai non disprezzabili incrementi retributivi del contratto, sono ora meno lontani, ma di là da venire. In effetti l’atto di indirizzo con il quale la trattativa è partita parlava di “riallineamento graduale”, ma mentre l’Italia si avvicina gli altri Paesi non restano in attesa.

Quel che è mancato del tutto, invece, è stato il contestuale riallineamento ai livelli di prestazione (carichi di lavoro, orari, ecc.). Gli orari di servizio non sono stati toccati e l’organizzazione del lavoro non ha subito sostanziali modifiche. Qui l’Europa resta lontana.

Ben più clamoroso è tuttavia il mancato incontro tra contratto e riforma. Il primo ha ignorato la seconda, perché non vi è nel testo contrattuale nulla di specifico e intenzionale che vada a diretto sostegno dell’innovazione indotta dalla riforma Moratti, come invece avvenne quattro anni fa con il CCNL del 26 maggio 1999 a sostegno della riforma, allora imminente, dell’autonomia scolastica.

Un altro vuoto significativo riguarda il nuovo ruolo del dirigente scolastico che avrebbe dovuto trovare attuazione per la prima volta anche all’interno del contratto degli insegnanti, dopo il recente riconoscimento contrattuale della dirigenza.

Vi è stato un lungo braccio di ferro che si è risolto a favore della “base”.

 

5. Il sindacato che non firma è escluso dalla contrattazione

Alla trattativa contrattuale sono stati ammessi solamente i sindacati “rappresentativi”, cioè quelli che, tra quota di rappresentanza associativa (gli iscritti con delega) e quota di rappresentanza elettorale (i voti nelle elezioni delle Rsu) hanno conseguito una percentuale complessiva di rappresentanza di almeno il 5%.

Hanno raggiunto questo limite minimo e sono stati ammessi alla trattativa cinque sindacati: Cisl-scuola, Snals, Cgil-scuola, Uil-scuola e Gilda.

Non sono stati ammessi i Cobas, gli Unicobas e gli altri sindacati minori. La condizione di sindacato rappresentativo conferisce anche il diritto di indire assemblee in orario di servizio.

La Gilda non ha stipulato l’intesa del 16 maggio. Potrebbe però ricredersi e firmare a luglio il contratto definitivo.

Solamente chi sottoscrive il contratto resta nella contrattazione integrativa successiva per l’intero quadriennio.

Se la Gilda non sottoscriverà il contratto, non parteciperà alle trattative per il secondo biennio economico, alle contrattazioni integrative nazionali (sui trasferimenti, sulla formazione, ecc.), alla contrattazione regionale e a quella integrativa di istituto (nelle relazioni sindacali di istituto, oltre alle Rsu, sono ammessi i rappresentanti dei sindacati firmatari del contratto nazionale).

 

6. Come la mettiamo con l’orario d’insegnamento nella primaria?

L’orario d’insegnamento dei maestri di scuola elementare non si è spostato di un minuto: 22 ore settimanali a cui si aggiungono altre 2 ore di programmazione collegiale. Tutto come prima.

Ma la riorganizzazione della nuova scuola primaria con il docente tutor che dovrebbe prestare almeno 18 ore in presenza dei suoi alunni per le prime tre classi, fa pensare ad un altro modello organizzativo con più ore dedicate alla nuova funzione tutoriale, anziché all’insegnamento.

Nei primi modelli orari sperimentati nelle 251 istituzioni scolastiche si prevedevano almeno tre ore di coordinamento e programmazione, aumentabili anche fino a sei ore settimanali.

Orario contrattuale e nuova organizzazione oraria avrebbero dovuto armonizzarsi.

Se la previsione delle 18 ore settimanali in presenza degli alunni affidati al tutor, contenuta nella bozza di decreto, verrà confermata, vi sarà uno iato stridente tra vincoli orari d’insegnamento di tutti i docenti ed esigenze organizzative della scuola del tutor.

Contratto e riforma non andranno sicuramente a braccetto e potranno nascere pesanti problemi organizzativi nelle scuole primarie. Perché questa incongruità?

I sindacati hanno opposto resistenza per non sostenere la riforma oppure il problema è stato complessivamente sottovalutato?

 

7. Dirigenti ingabbiati

La figura del dirigente scolastico non esce certamente rafforzata dal contratto della scuola sottoscritto dal quartetto CGIL-CISL-UIL-SNALS. Non è che l’ANP (che ora si chiama “associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola”) non se lo aspettasse, come mostrano sue prese di posizione anche recentissime (www.anp.it). Era perfino circolata l’ipotesi che il vicario sarebbe stato scelto dal collegio dei docenti in una rosa di cinque (tre per i convitti) proposti dal dirigente: il perfetto rovesciamento della regola, in vigore da moltissimo tempo, che consente al dirigente di scegliere tra i docenti votati dal collegio. Il vicario sarebbe diventato il rappresentante del collegio anziché la persona di fiducia del dirigente, del quale era chiamato a esercitare le funzioni vicarie in caso di assenza o impedimento.

Alla fine l’accordo al tavolo contrattuale è stato raggiunto, ma con una soluzione inattesa: il rischio dell’attenuazione della figura del vicario, o vicepreside (alcune sue attribuzioni dovrebbero ora essere definite dal collegio docenti, art. 35), proprio la più emblematica tra quelle figure ad “alta professionalità” alle quali l’ANP aveva rivolto le sue proposte di collaborazione e rappresentanza con il suo convegno del 7 maggio 2003.

Pur non essendo esplicitamente richiamata nel testo contrattuale la figura del vicario (ma c’è un rinvio all’art. 37 del CCNI del 21/8/99), resta comunque la disposizione del Testo unico (art. 7) che prevede la conferma di questa funzione, di un docente collaboratore che “sostituisce il direttore didattico o preside in caso di assenza o impedimento”. Il decreto legislativo 165/2001 consente al dirigente di scegliere collaboratori di sua fiducia, ai quali delegare “specifici compiti”, nell’ambito delle “proprie funzioni organizzative e amministrative”, ma per due di loro dovrà discuterne prestazioni e compensi con le RSU, che non escono affatto indebolite da questo contratto, come mostra il lungo elenco delle materie di contrattazione ad esse attribuite (art. 6).

Un altro organo che non esce ridimensionato dal contratto è il collegio dei docenti, al quale spetta tra l’altro di identificare con propria delibera le “funzioni strumentali” alla realizzazione del POF e di individuare i docenti che le svolgeranno. Se l’intenzione dei sindacati era quella di ingabbiare i dirigenti scolastici, e di contrapporsi all’ANP sul piano della rappresentanza delle figure professionali intermedie, sembrano voler fare sul serio.

 

8. La spartizione del potere tra dirigente scolastico e Rsu

La spartizione del potere dentro la scuola è passata attraverso la definizione delle nuove relazioni sindacali, con una soluzione finale che non ha premiato i dirigenti scolastici ai quali, in un primo momento, l’Aran aveva proposto di assegnare molte competenze già appartenenti alla contrattazione integrativa di istituto.

Le rappresentanze sindacali nella scuola (Rsu) fino all’ultimo contratto avevano acquisito diritto di contrattare con il dirigente scolastico undici materie relative all’organizzazione del lavoro e ai compensi accessori.

Più volte da fonti governative e parlamentari erano corse voci per un drastico ridimensionamento del potere di contrattazione delle Rsu della scuola, anche per consentire al capo d’istituto, diventato dirigente scolastico, un più ampio esercizio delle responsabilità proprie della funzione.

L’Aran, dopo l’interruzione della trattativa, si è presentata con una proposta di forte riduzione quantitativa (da undici a quattro) delle materie soggette a contrattazione integrativa di istituto.

La reazione sindacale è stata pesante e l’Aran ha presentato una nuova proposta (12 maggio) di lieve modifica della precedente. Alla fine della trattativa però l’hanno spuntata i sindacati che hanno ottenuto che otto delle undici materie continuino ad essere oggetto di contrattazione ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_104-1.doc ).

Ma c’è di più. Molto di più. La materia dell’organizzazione del lavoro e dell’articolazione dell’orario di servizio, già oggetto in precedenza di contrattazione integrativa ma limitata al personale Ata, viene ora estesa anche al personale docente, limitando le tradizionali competenze del dirigente scolastico (art. 396 del Testo Unico) e quelle dello stesso collegio docenti.

 

9. Gli effetti del conglobamento dell’indennità integrativa speciale

Il contratto ha compiuto un’operazione attesa da anni e destinata a rendere semplificata la struttura della retribuzione e controllabile la dinamica degli stipendi.

L’indennità integrativa speciale (la cosiddetta scala mobile dei dipendenti pubblici), corrisposta in misura uguale per i dipendenti di ciascun settore senza variazioni legate alla anzianità di carriera, e “congelata” da anni nel suo importo (una scala immobile, si potrebbe dire), è stata conglobata nello stipendio, diventando quindi un’unica voce retributiva indistinta.

Gli effetti concreti di questo conglobamento sono diversi e quasi tutti vantaggiosi per il dipendente, tanto che c’è da chiedersi se il settore di controllo che dovrà dare l’ok all’accordo e la stessa Corte dei Conti che dovrà registrare il contratto saranno completamente d’accordo sulla scelta.

L’effetto maggiore riguarderà, al momento del pensionamento, l’indennità di buonuscita da corrispondere al dipendente con il computo del 100% dell’indennità integrativa speciale anziché del 60% come avviene oggi. Un prof. di scuola media che va in pensione con 40 anni di servizio andrà a percepire, grazie a questo conglobamento, circa 7.460 euro di buonuscita in più.

Un effetto negativo riguarderà l’applicazione, anche all’indennità integrativa, delle stesse ritenute contributive che gravano sullo stipendio, con conseguente recupero delle maggiori contribuzioni dal gennaio 2003.

Aumenterà la misura del compenso per ore eccedenti l’orario obbligatorio che attualmente viene calcolato sulla sola voce stipendiale.

 

10. Sorpasso: i segretari ora guadagnano più dei professori

E’ un sorpasso storico quello che si verifica nella scuola con il nuovo contratto: dal gennaio 2003 nella scuola statale i segretari degli istituti sono pagati più dei professori della secondaria superiore.

Senza nulla togliere al merito dei segretari che per effetto dell’autonomia scolastica hanno maggiori carichi di lavoro e responsabilità, il sorpasso a danno dei professori è un fatto clamoroso.

Fino a circa tre anni fa i segretari erano pagati come i maestri elementari (che tra i docenti sono quelli che guadagnano di meno). Poi, diventati Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA) con un corso di formazione di 100 ore, hanno fatto un salto retributivo notevole, diventando ora i più retribuiti del comparto (i dirigenti scolastici hanno un contratto a parte).

Analogo salto retributivo non è avvenuto, e non avverrà nell’immediato, per i docenti, anch’essi investiti con nuovi compiti dai processi di riforma.

Insomma i DSGA, la maggior parte dei quali diplomati di scuola secondaria (i futuri assunti dovranno essere laureati), hanno ottenuto un giusto riconoscimento per le nuove funzioni (e ora aspirano ad essere riconosciuti come “quadri”); ma i professori, laureati, restano al palo o poco più.

All’inizio della carriera un DSGA avrà ora in busta paga 54 euro netti al mese più di un professore di prima nomina e a fine carriera 34 euro mensili più del professore con 40 anni di servizio (ecco le differenze per fascia di anzianità http://www.tuttoscuola.com/ts_news_105-1.doc ).

Questo sorpasso potrebbe essere non privo di effetti anche nei rapporti all’interno degli istituti. Se è vero che negli ambienti di lavoro “si conta” anche in base a quanto si guadagna, questo sorpasso potrebbe dare l’impressione ai docenti di essere considerati meno importanti.

E se la classe insegnante è scivolata notevolmente nella scala della considerazione sociale negli ultimi decenni (anche proprio per effetto dei modesti livelli retributivi), c’è da chiedersi quanto il fatto che i professori scendono ora di livello anche all’interno del “microcosmo scuola”, contribuisca a invertire la tendenza della rivalutazione sociale degli insegnanti italiani, tanto conclamata a parole.

 

11. L’escalation dei segretari

In principio era il segretario, poi i contratti nazionali gli hanno cambiato nome per giustificare qualche riconoscimento economico in più: coordinatore amministrativo, responsabile amministrativo. Ma tutti hanno continuato a chiamarlo segretario.

Nei livelli funzionali del comparto occupavano il livello V, appena sotto a quello dei docenti di elementare (livello VI). Poi è arrivata l’autonomia scolastica e con il cambio di nome è arrivato anche il cambio di qualifica. Adesso è il Dsga, il Direttore dei servizi generali e amministrativi delle istituzioni scolastiche autonome.

Per questo salto di qualifica è stato necessario un corso di formazione, ma la chiave di volta del passaggio è da ricercare in un’astuzia sindacale del 1999, che nel groviglio di norme ed eccezioni sulle retribuzioni spacciò per nuovo profilo (materia di competenza contrattuale) una vera e propria qualifica/livello (di competenza legislativa), quella appunto del Dsga.

E oltre al riconoscimento di funzione è stata loro attribuita una retribuzione tutto sommato adeguata ai compiti e alle responsabilità.

Ma perché ai Dsga sì e ai professori no? E’ anche un fatto di numeri: i direttori amministrativi sono attualmente poco meno di 11.000; i professori della secondaria di I e II grado sono invece più di 400 mila (411.263, di cui 176.358 nella scuola media e 234.905 negli istituti superiori). Per un salto verso l’Europa si dovrebbero dedicare solo a loro le risorse complessive di un nuovo contratto.

Del resto il livello di retribuzione dei docenti dipende da moltissimi fattori e da svariati elementi anche non monetari, come la considerazione che il Paese riserva in generale alla scuola, il rispetto per la professione, il peso attribuito all’istruzione in una politica di sviluppo, la capacità di mobilitazione e d’influenza politica posseduta dalle associazioni dei docenti.

 

12. L’esercito degli Ata

Si è parlato di un esercito di beneficiari del nuovo contratto scuola: un milione e più tra docenti e Ata. Poiché il contratto dispiega i suoi effetti su due esercizi finanziari e si situa a cavallo di due anni scolastici, l’esercito ha alcune variabili interne, ma grosso modo, in difetto, si può stimare che raggiunga la rispettabile quota di 1.130.000 unità di personale ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_105-2.doc ).

Con questi numeri sarà difficile che il ministro Moratti riesca a ristrutturare il bilancio dell’Istruzione per abbassare la quota delle spese correnti (stipendi del personale, pari al 90%) a favore della quota di investimento. E sarà difficile per il sindacato raggiungere la media degli stipendi europei per i docenti assegnando forti aumenti per un esercito di persone.

Sono un po’ le contraddizioni e le patologie del sistema.

All’interno di queste contraddizioni vi è anche la questione del personale Ata che, dopo la statalizzazione dei dipendenti degli Enti locali, ha raggiunto punte che hanno sfiorato le 300 mila unità. Attualmente arrivano a 254 mila, con una consistente quota di bidelli. Un esercito che pesa, anche nelle scelte dei sindacati (e forse non è un caso che questo contratto non sia stato firmato dalla Gilda, l’unico sindacato seduto al tavolo negoziale che organizza solamente il personale docente).

Se si pensa che attualmente i docenti della scuola elementare sono 252 mila, tra insegnanti di ruolo e a tempo determinato, cioè l’equivalente del personale Ata in servizio, si può capire quale complessità e quali squilibri vi possano essere all’interno del comparto.

E forse si capisce anche perché lo stesso ministro Moratti abbia tentato, inutilmente, di separare il contratto dei docenti da quello del personale Ata.

 

13. I nuovi stipendi netti/1: l’appiattimento tra le funzioni

Appiattimento. La prima impressione che si ricava dal quadro d’insieme complessivo delle nuove retribuzioni del personale scolastico ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_104-2.doc ) derivanti dall’ipotesi di contratto 2002-2003 è di conferma della situazione di appiattimento tra le diverse funzioni e negli sviluppi di anzianità di carriera ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_105-3.doc ).

Le cause di questa sostanziale uniformità sono diverse e anche lontane nel tempo, a cominciare dalla quota fissa dell’indennità integrativa speciale (ora conglobata nello stipendio) che, data la sua non trascurabile entità (oltre un milione mensile delle vecchie lire) e uniformità tra le diverse qualifiche, ha bloccato la dinamica delle retribuzioni.

Non è stata nemmeno indifferente a questo risultato una politica contrattuale che, soprattutto negli anni passati, ha privilegiato un egualitarismo tra le funzioni e le anzianità. Questo è avvenuto anche in altri settori della pubblica amministrazione, ma nella scuola ha assunto un valore quasi patologico che mortifica le professionalità.

Del resto il sistema centralistico vigente di gestione del personale della scuola porta inevitabilmente a certi eccessi. In un regime di autonomia accentuata, articolato in una pluralità di livelli territoriali, non si può prescindere da una valorizzazione contrattuale in loco delle competenze e della professionalità degli insegnanti.

L’appiattimento attuale è ben evidente se si confrontano i nuovi stipendi netti previsti in busta paga da luglio per i docenti, con riferimento alla posizione media di anzianità della fascia tra i 15 e i 20 anni di carriera: assegnato 100 alla posizione di riferimento degli insegnanti di scuola elementare (1.336,10 euro al mese), la variazione per i docenti delle superiori arriva a 109,86 (1.467,89 al mese). Siamo all’anticamera del ruolo unico dei docenti.

Se lo stesso raffronto lo si fa tra gli estremi del comparto (bidello e prof. delle superiori), sempre sulla fascia 15-20 anni, fatto 100 il mensile del collaboratore scolastico (1.000,91 euro), quello del prof. delle superiori di uguale anzianità di servizio (1.467,89 euro al mese) è pari a 146,66: il professore non arriva a guadagnare il 50% in più del bidello.

 

14. I nuovi stipendi netti/2: l’appiattimento delle carriere

Le funzioni del comparto scuola e i diversi profili professionali presenti risultano, dunque, fortemente assimilati tra di loro sotto l’aspetto retributivo, vanificando in concreto le specificità e le responsabilità professionali e la natura stessa delle prestazioni.

Ma la carriera, cioè lo sviluppo professionale che può riconoscere meriti ed esperienze e premiare risultati qualitativi conseguiti, com’è nella scuola?

Le carriere si sviluppano solamente per anzianità; non vi è riconoscimento del merito e accelerazione nella progressione retributiva.

I minimi e i massimi (l’iniziale di carriera e la retribuzione a 40 anni) che rapporto hanno tra di loro? Precisato che il massimo si raggiunge a 35 anni di carriera, in tutte le professioni esistenti nel comparto scuola il rapporto tra lo stipendio netto di chi entra e quello di chi, a fine carriera, esce è compreso al massimo tra 100 e 143,38 (docenti delle superiori) con una variazione che equivale a poco più di 500 euro al mese ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_105-4.doc ).

Per i docenti di elementare il rapporto è 100/136,55.

La quota d’indennità integrativa speciale assorbita ora nello stipendio e svincolata dalla sua precedente fissità potrebbe, nel prossimo futuro, rappresentare un elemento di dinamica salariale nella progressione di carriera. Ma la svolta per uno sviluppo della carriera non può che venire, come era stato previsto dal CCNL 1999, da scelte che consentano di accelerare le carriere, premiando le migliori professionalità.

 

15. L’ENAM ringrazia

Se l’ipotesi del contratto nazionale relativa al conglobamento dell’indennità integrativa speciale (IIS) nello stipendio sarà confermata nella sua stesura e nei suoi effetti, potrebbe determinare più di una sorpresa.

A cominciare, ad esempio, dalle ritenute contributive che prima operavano solo sullo stipendio ed ora dovranno essere applicate anche alla quota (532 euro) corrispondente all’IIS conglobata.

Vi è una voce contributiva obbligatoria per i soli docenti di scuola elementare e materna, quella dell’Enam, l’Ente nazionale di assistenza magistrale, che prevede la ritenuta mensile dello 0,80% sul solo stipendio e che verrebbe automaticamente applicata dal 1° gennaio 2003 anche alla nuova quota di stipendio corrispondente ex-IIS.

Questo aumento di ritenuta equivale a 4,26 euro al mese per ogni docente. Poiché i maestri di ruolo della materna e dell’elementare sono circa 320 mila, quella ritenuta frutta all’Enam per tutto il 2003 oltre 16 milioni di euro, corrispondenti a quasi 32 miliardi delle vecchie lire.

Si tratta di un’entrata del tutto imprevista che, oltre a far felice certamente il cassiere, servirà probabilmente a potenziare i servizi per gli iscritti e ad arricchire le prestazioni che vengono erogate direttamente dai comitati provinciali dell’Ente.

Ma potrebbe forse servire a realizzare anche l’ambizioso progetto dell’Enam di costituirsi come Ente unico di assistenza per tutto il personale di comparto, insieme al Kirner, l’analogo ente della secondaria (ad iscrizione facoltativa).

 


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