Secondo ciclo. Un dibattito povero di contenuti

Contabilità dei posti in organico persi o guadagnati, graduatoria delle ore settimanali per verificare le discipline che conterebbero di più o di meno, difesa di privilegi percepiti o reali di particolari categorie di docenti, collocazione alle dipendenze dello Stato piuttosto che delle Regioni, aumento o contrazione di qualche indirizzo dei Licei, pretesa di avere Licei ‘prevalentemente’ propedeutici all’università pur di poter sottrarre alle Regioni gli attuali istituti tecnici e professionali: non si può dire che il dibattito sulla bozza di decreto relativo al secondo ciclo abbia finora volato alto.
Pochi hanno tentato, ad esempio, di indagare quale immagine di futuro e di Paese sia sottesa alle proposte di Indicazioni nazionali avanzate dal Ministero, e se e quanto esse (non) tengano conto di fenomeni come la globalizzazione, la multiculturalità, la rivoluzione tecnologica (banalmente ridotta all’uso del computer), le sfide delle culture e delle economie dei Paesi emergenti. Ancora meno commentatori si sono soffermati sull’analisi e l’approfondimento degli Osa (obiettivi specifici di apprendimento) presentati dal Ministero.
Sono passate quasi inosservate scelte culturali certamente discutibili: la filosofia che mantiene il tradizionale impianto e la cui assenza dai licei tecnologici non solleva critiche; il mancato confronto con la linguistica testuale e intertestuale in italiano e nelle lingue straniere; il latino, confinato in quattro licei su otto, presentato come l’indice di un vecchio libro di testo; l’assenza di uno sforzo per integrare, senza giustapporle, le ‘grammatiche’ della lingua italiana, delle lingue straniere, delle lingue classiche, dei linguaggi non verbali, dei linguaggi scientifici; l’impostazione molto disciplinaristica, anzi tecnicistica, della matematica e delle scienze. Insomma, un dibattito culturalmente davvero deludente.