Secondo ciclo. Dibattito: chi fa che cosa?

Da quasi due mesi è aperto il dibattito sulla riforma del secondo ciclo. Una decisione positiva e apprezzata da tutti. Povero o meno povero, su questioni strategiche o tattiche il dibattito si è svolto in varie sedi. Sono scesi in campo sindacati, associazioni di categoria, partiti, associazioni disciplinari, associazioni professionali, riviste, siti informatici, le regioni, fondazioni. Ma chi fa ordine nelle questioni poste, chi le classifica per temi di consenso e di dissenso, le riassume e le presenta poi a tutti oltre che al Ministro, nella loro problematicità, per le decisioni ultime da prendere?
Berlinguer, quando aprì il dibattito sull’autonomia, dibattito che coinvolse migliaia di persone, nominò una commissione istruttoria proprio a questo scopo e rese pubblici i principali dati del contendere. Non risulta però che il ministro Moratti abbia provveduto in questo senso. Quali sono dunque i punti di consenso e di dissenso emersi dal dibattito rispetto alle ipotesi ministeriali? Quali sono le ipotesi alternative? E perché sono tali? In che senso? Che tipo di conseguenze scaturiscono da una scelta invece dell’altra? Quali responsabilità si assume la politica optando per una soluzione al posto dell’altra? Si sono condotti studi di fattibilità a questo riguardo?
Se il dibattito non è stato strumentale e rituale, non sarebbe bene rendere pubbliche queste informazioni?