Se la bidella è psicolabile
La cronaca dei giorni scorsi ha dato ampio spazio all’episodio di quella bidella supplente che, al primo giorno di lavoro, ha tenuto in ostaggio una classe, minacciando gli scolari con un paio di forbici prima di essere bloccata e poi ricoverata in stato confusionale.
Tutti contenti per lo scampato pericolo, pacche sulla spalla dell’alunno che ha dato l’allarme e incidente subito archiviato. Ma crediamo sia opportuno fermarsi a riflettere.
Il fatto che una persona psicolabile (docente o bidello) possa entrare a contatto con gli alunni, soprattutto se piccoli, rientra nella normalità. Può sembrare strano, ma purtroppo è così, perché il nostro sistema scolastico non prevede né filtri né verifiche attitudinali preventive.
E questo vale sia per l’assunzione di insegnanti che di bidelli. Per i primi viene valutato soltanto il livello culturale in occasione dei concorsi oppure l’ordine di graduatoria per le supplenze; per i secondi conta soltanto la graduatoria.
Chiunque può presentare domanda di supplenza: basta avere il titolo di studio richiesto. Nessuno controlla se la persona è adatta a stare con i minori.
Se si tratta di una persona normale, tutto ok, se no bisogna sperare nella buona stella. Un colloquio? Un test psico-attitudinale? E perché mai? Le regole e i comportamenti che varrebbero per chiunque gestisca in proprio un’attività, non valgono per lo Stato “datore di lavoro”.
Solo se succede qualcosa di grave il dirigente è costretto a intervenire. Ma in tale caso, avvocati e sindacati permettendo, non sarà mai né facile né breve rimuovere la persona non adatta alla funzione. Molte volte, addirittura, gli incapaci e i disadattati (è un eufemismo) riescono a rimanere impuniti al loro posto.
Il diritto degli alunni viene dopo. E la scuola va, come può.
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