
E’ probabile però che usando il termine “bonus” il ministro Gelmini abbia voluto far capire di essere orientata ad operare sul terreno del sostegno alle famiglie e del diritto allo studio piuttosto che quello, assai più spinoso, del finanziamento diretto delle scuole. Che era stato invece (stranezze e contorsioni della politica) quello scelto dal centro-sinistra con la Finanziaria 2007 e subìto obtorto collo dalla sinistra estrema che ora, insieme alla Flc-Cgil e a una parte del PD (non Fioroni), spara a zero sul cauto segnale di fumo lanciato dalla Gelmini.
I commi 635 e 636 della Finanziaria 2007 prevedevano infatti che il ministro della P.I. definisse annualmente, con apposito decreto, “i criteri e i parametri per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie e, in via prioritaria, a quelle che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro“, assegnando i contributi “secondo il seguente ordine di priorità: scuole dell’infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di primo e secondo grado“.
E in effetti il D.M 21 maggio 2007, a firma Fioroni, ha previsto l’assegnazione di contributi alle scuole secondarie di primo e secondo grado paritarie, nella misura rispettivamente di 2.500 e 4.000 euro per scuola e di 1.000 e 2.000 euro per classe (per le superiori limitatamente alle prime e seconde classi), stabilendo un tetto di spesa e una graduatoria nazionale.
Fioroni ha agito sulla base del citato comma 635, che giustificava i contributi con riferimento al “necessario sostegno alla funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell’ambito del sistema nazionale di istruzione“. Ma proprio il comma 635 è stato dichiarato incostituzionale, con sentenza della Corte n. 50 del 7 marzo 2008, su ricorso delle regioni Lombardia e Veneto (altra acrobazia della politica), perché lesivo della competenza regionale concorrente in materia di istruzione, e del principio di leale collaborazione.
Una motivazione, come si vede, che riguarda la correttezza dei rapporti interistituzionali, e non interviene sulla compatibilità della norma con l’art. 33, comma 3 della Costituzione. Che resta un problema aperto sul piano politico e giurisdizionale.
In questo quadro è comprensibile che il ministro Gelmini pensi di operare sul terreno del diritto allo studio, cercando un’intesa con le Regioni, piuttosto che su quello del finanziamento diretto delle scuole paritarie.
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