
Riforma per decreto?/2. La tentazione autocratica
Alla ragionevole domanda della giornalista (Gianna Fregonara) sul corrispondente maggior fabbisogno di insegnanti Giannini risponde che dei quasi 150.000 neoassunti circa 90.000 formeranno l’organico funzionale, in media due insegnanti in più per ogni istituto, che “copriranno le supplenze, si occuperanno di alcune nuove competenze come la logica, l’educazione alla salute e all’ambiente e l’insegnamento della lingua inglese, la lingua italiana per stranieri”.
Ma chi formerà questi insegnanti? E con quali fondi? Risposta: “I fondi li troveremo, useremo i risparmi dell’abolizione delle supplenze”, e poi “si tratterà di orientare i concorsi, a partire dall’anno prossimo”.
Quanto alle nuove competenze informatiche di tipo programmatorio non si seguirà l’esempio del Regno Unito, che ha introdotto due ore settimanali: “non ci saranno ore di coding come disciplina, penso invece a lezioni di logica o a progetti specifici usando il personale a disposizione già alle elementari”.
E’ verosimile che tutte queste novità (cui si aggiungono le due operazioni monstre dell’immissione in ruolo dei 150.000 e degli scatti di competenza, pur non del tutto sostitutivi di quelli di anzianità, come ha precisato Giannini) vengano introdotte con un decreto legge, cui seguirebbero altri decreti e regolamenti, cioè altre misure predisposte dal centro, senza coinvolgere i sindacati, le associazioni professionali, senza insomma una fase di confronto, accompagnamento e implementazione dal basso delle innovazioni?
L’impressione è che il decisionismo renziano, che si è rivelato efficace sul piano politico, potrebbe incontrare gravi ostacoli in un mondo, come quello della scuola, che le decisioni le vuole condividere, ben al di là della consultazione online, e ha bisogno di tempo per assimilarle.
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