Rapporto Censis 2009/3. La tirannia dell’opinione

Domani sulle prime pagine dei giornali Spatuzza batterà il Rapporto per 5 a 0″. Così diceva un realista e rassegnato De Rita (“tanto, da vecchio laziale, alle batoste ci sono abituato…”) parlando dell’eco che il 43° Rapporto avrebbe avuto sulla stampa nei commenti del giorno dopo.

In passato non era stato così, a volte all’annuale Rapporto dell’istituto guidato dal sociologo romano erano stati dedicati editoriali e articoli di apertura. Ma da ormai 15-20 anni, ragiona De Rita, sui fatti e sui ragionamenti prevalgono le “opinioni”, quando non un “retroscenismo gossiparo“.

Valgono queste osservazioni anche per la scuola? In parte sì. Negli ultimi anni lo spazio maggiore nei media lo hanno avuto vicende – certo gravissime – come quella delle maestre di Rignano Flaminio o, proprio in questi ultimi giorni, quella di un asilo nido privato di Pistoia, dove una pseudo maestra (in possesso, pare, della sola licenza media) maltrattava i piccoli a lei affidati.

Certo, è più facile (e più redditizio) per i media puntare sulle patologie del sistema: il bullismo, la droga, le occupazioni, il caos di ogni inizio d’anno, e poi le insegnanti a luci rosse, e i precari in mutande o sui tetti, e gli insegnanti “fannulloni”. Rari, certamente meno frequenti di un tempo (si ricordano gli articoli, a volte veri e propri saggi, di Giovanni Gozzer o di Salvatore Valitutti), sono i contributi propositivi che appaiono sui giornali.

Qualche attenzione viene riservata alle grandi indagini comparative internazionali, come quella promossa dall’OCSE con l’acronimo PISA (Programme for International Student Assessment), ma più per accendere i riflettori sulla pessima classifica degli italiani che per riflettere sulle cause e i rimedi. Si fa, appunto, “opinione”, ma nel significato negativo del termine: quello che Platone definiva “doxa”- non a caso il nome di una nota società di sondaggi d’opinione -, contrapponendolo alla “epistéme”, la conoscenza fondata sulla riflessione.