Rapporto ANVUR: più immatricolazioni, continua la fuga dei cervelli

Giannini: puntare su internazionalizzazione e collaborazione col mondo del lavoro. Presto nuove e più semplici regole per le abilitazioni universitarie

Il nuovo Rapporto dell’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) sullo stato dell’Università e della Ricerca fa una analisi molto precisa dei punti di forza e di debolezza del sistema e individua con chiarezza le sfide che ci aspettano nei prossimi mesi“. Così il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini.

Colpiscono positivamente – prosegue il Ministro – la ripresa delle immatricolazioni, che avevamo anticipato con dati Miur negli scorsi mesi, l’incremento dei laureati regolari e la diminuzione degli abbandoni fra il primo e il secondo anno. Significativi e incoraggianti i dati sulla qualità della produzione scientifica dei nostri ricercatori. Ora dobbiamo lavorare per una maggiore internazionalizzazione dei percorsi di studio e per un collegamento più forte con il mondo del lavoro. Lo faremo – spiega Stefania Giannini – potendo contare su un quadro nuovo: con l’ultima legge di Stabilità abbiamo cominciato ad invertire la rotta sulle risorse. Ma non solo, dopo un periodo di blocco stiamo facendo ripartire le abilitazioni alla docenza universitaria con regole più semplici e tempi più certi per l’espletamento delle procedure. Con il Programma Nazionale per la Ricerca vogliamo fare del capitolo Ricerca e Sviluppo uno degli elementi chiave del rilancio economico del Paese, investendo, per la prima volta in modo massiccio, soprattutto sul capitale umano. La cura per diradare le ombre del sistema individuate dal Rapporto, e per rafforzare ancor di più le luci, è già cominciata“.

Così il ministro ha commentato il rapporto Anvur sugli atenei italiani, il secondo rapporto biennale sullo stato del sistema universitario e della ricerca presentato oggi a Roma, che ha delineato un quadro tra ombre e luci dell’università italiana.

L’incertezza associata alle prospettive di carriera accademica causa l’abbandono della carriera da parte di molti dottori di ricerca e assegnisti che non possono permettersi lunghi periodi d’insicurezza retributiva, e favorisce la “fuga dei cervelli” in proporzioni superiori a quelle fisiologiche, ovvero senza un corrispondente flusso di ricercatori in arrivo dalle istituzioni estere. 

Tra le maggiori difficoltà, il fatto che, nonostante una costante crescita osservata negli ultimi anni, l’Italia rimane tra gli ultimi paesi in Europa per quota di popolazione in possesso di un titolo d’istruzione terziaria, anche tra la popolazione più giovane (24% contro 37% della media UE e 41% media OCSE nella popolazione 25?34 anni). Il nostro paese ha colmato la distanza in termini di giovani che conseguono un diploma di scuola secondaria superiore, ma presenta tassi di accesso all’istruzione terziaria ancora più bassi della media europea e OCSE (42% contro 63% nella media UE, 67% media OCSE).