Il progetto lanciato dai ministri Brambilla e Gelmini per finanziare le gite scolastiche sui luoghi storici del Risorgimento che hanno contribuito a realizzare l’unità d’Italia è aperto a tutti gli studenti italiani, ma, in concreto, finirà per essere riservato soltanto ai ragazzi delle superiori e a quelli del terzo anno di scuola media.

Perché? Basta leggersi le Indicazioni (i programmi didattici) attualmente in vigore nelle scuole del primo ciclo (i ministri che hanno firmato il protocollo d’intesa l’avranno fatto?).

Per effetto della riforma delle Indicazioni nazionali, avviate dal ministro Moratti nel 2004, e confermate dalle Indicazioni per il curricolo dal ministro Fioroni, i contenuti dei programmi di storia che i nostri ragazzi apprendono oggi a scuola non prevedono infatti la trattazione del Risorgimento, se non per l’ultimo anno della scuola secondaria di I grado (terza media).

Negli anni precedenti, a cominciare dalla classe terza della scuola primaria, l’insegnamento della storia procede in sequenza per grandi periodi storici, dalla preistoria, alla storia antica, al medioevo e all’età moderna, risalendo gradualmente nella linea del tempo.

Soltanto al terzo anno della secondaria di I grado i nostri ragazzi sentono parlare per la prima volta di Risorgimento, di Garibaldi, Cavour, Mazzini, Vittorio Emanuele II, di Curtatone e Montanara, della breccia di Porta Pia, ecc.

Per gli alunni di scuola primaria e secondaria di I grado che si trovano ancora nelle classi intermedie queste celebrazioni dell’unità d’Italia costituiscono una pagina sconosciuta di storia del nostro Paese. Pensare di portarli in gita sui luoghi del Risorgimento, tenuto conto che il viaggio di istruzione rappresenta un momento strettamente legato al programma didattico (non a caso dovrebbe essere preparato prima e seguito da approfondimenti al ritorno in classe) sembra inutile o quanto meno poco appropriato.