Quando organico non vuol dire stabilizzazione dei precari

È stata la settimana della birra e del limoncello quella appena trascorsa alla Camera con emendamenti e controemendamenti che alla fine hanno cancellato la proposta di finanziare una quota di organico per la scuola (diecimila posti) con la tassa sulle bevande.

Ma è stata anche la settimana dell’equivoco su quei nuovi posti di insegnante da destinare al sostegno e al potenziamento del tempo pieno.

In quasi tutti i servizi giornalistici e nei vari comunicati che hanno accompagnato l’emendamento che prevedeva l’istituzione di 10 mila nuovi posti e in quelli successivi che ne hanno commentato la cancellazione voluta dal governo, si è parlato di nuove assunzioni e di stabilizzazione dei precari (prospettata prima e negata poi).

Questo è stato il grande equivoco, perché un incremento di organico non significa automaticamente stabilizzazione dei precari della scuola.

Se così fosse stato (ma l’emendamento iniziale non ne parlava), quei 10 mila posti sarebbero stati destinati tutti alle graduatorie ad esaurimento dove, come si sa, si trova il maggior numero di docenti precari. Conseguentemente, con una destinazione esclusiva, non vi sarebbe stata alcuna quota da destinare a concorsi e a nuove forme di reclutamento.

Si è trattato, insomma, di una semplificazione pericolosa che ha creato un certo equivoco e alimentato speranze. Conseguentemente la contestata cancellazione dell’emendamento ha determinato delusioni e critiche soprattutto tra i precari.

Sulla scia di questo equivoco potrebbero sorgere facilmente critiche sulla linea politica del governo nei confronti del precariato scolastico.