Precari. Quel tabù del rapporto tra organico di diritto e organico di fatto

Mediamente ogni anno, se pur con attenuazione negli ultimi tempi, vengono nominati circa 100 mila docenti precari (nomina annuale o fino al termine delle attività) e circa 50 mila Ata (nomine annuali o fino al termine delle attività).

Chi è fuori dal mondo della scuola non riesce a capire come sia possibile una quantità così elevata, e ripetuta nel tempo, di fabbisogno di nomine per personale precario e può pensare che tutto possa dipendere dalla mancanza di assunzioni regolari in ruolo del personale (per concorso o per graduatorie).

In minima parte la ragione è questa della mancata assunzione, ma nella maggior parte dei casi tutto dipende dalla non coincidenza tra organico di diritto e organico di fatto.

Il primo (il diritto) è quello ufficiale che individua chiaramente posti e classi con determinazione puntuale del personale da utilizzare; il secondo (il fatto) è la situazione vera e reale del fabbisogno di posti e classi con effettiva individuazione all’inizio dell’anno scolastico di tutto il personale che serve per garantire il servizio. E la differenza tra diritto e fatto è ogni anno sempre notevole.

Ma, mentre sui posti di diritto, può andare soltanto il personale titolare (quasi tutto di ruolo), succede che sui posti di fatto istituiti in più vadano soltanto precari.   

Il costo che la scuola sostiene ogni anno è quello di fatto, non quello di diritto.

Poiché tutti gli anni si ripete questa storia di un organico teorico soppiantato da quello reale, il tema di oggi (e di ieri, come Tuttoscuola va dicendo da anni) è perché non infrangere questo tabù e stabilizzare tutto il personale (di ruolo e non) che assicura effettivamente il funzionamento della scuola?

Tradotto in soldoni: perché non assumere tutto il personale che di fatto serve, visto che già, comunque, lo si paga?