Precari in rivolta

Una ventina di associazioni e comitati dei precari della scuola, presenti su tutto il territorio nazionale, ha indetto per il 15 luglio 2009 un sit-in davanti al Parlamento, in piazza Montecitorio, “per ribadire il proprio forte dissenso di fronte al progetto di distruzione della scuola pubblica statale che questo governo sta mettendo in atto“, come si legge in un loro comunicato.

Contrariamente a quanto deciso in altre occasioni, anche alcuni dei maggiori sindacati della scuola hanno dato la loro adesione all’iniziativa: tra questi la Flc-Cgil, la Cisl scuola e la Gilda degli insegnanti.

Tra le richieste dei precari il ritiro di tutti i tagli previsti nella Finanziaria 2008 e maggiori risorse economiche da destinare all’edilizia scolastica, alla sicurezza, alla formazione, alla qualità dell’insegnamento; l’immissione in ruolo del personale della scuola su tutti i posti vacanti in organico di diritto e di fatto; il ritiro del disegno di legge Aprea, e in particolare della chiamata diretta degli insegnanti da parte delle scuole.

Intanto la Uil Scuola chiede un decreto per le immissioni in ruolo e una indennità di lavoro per i precari che rischiano di rimanere senza incarico il prossimo anno scolastico.

Lo schieramento che sostiene l’iniziativa del 15 luglio è imponente: oltre alle decine di organizzazioni che aderiscono all’appello dei venti promotori, e ai citati sindacati nazionali, compaiono alcuni partiti (PD, Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Sinistra critica, Italia dei Valori, Sinistra e Libertà), e le associazioni CIDI (insegnanti), CGD (genitori), e poi l’Unione degli Studenti, Retescuole e così via.

L’iniziativa del 15 luglio 2009, a scuole chiuse e con Parlamento e Governo quasi in ferie, non sembra destinata ad avviare una contrattazione. Se ne deve interpretare il senso, dunque, in chiave essenzialmente politica, come una occasione, un tassello nel processo di costruzione di uno schieramento politico-sociale di opposizione dura al governo.