Libia: ripartire dalla scuola

Nella classifica dell’indice di democrazia compilata dal settimanale The Economist la Libia figurava nel 2010 al 158° posto su 165, risultando uno dei regimi più chiusi e autoritari del mondo.

La forte partecipazione di studenti alla ribellione che ha portato alla fine della dittatura – molti dei quali capaci di esprimersi in una o più lingue straniere, compreso l’italiano – ha tuttavia messo in luce un discreto livello di preparazione dei giovani, e una conoscenza abbastanza diffusa delle nuove tecnologie

Le poche informazioni disponibili sul funzionamento del sistema scolastico libico ci dicono in effetti che l’istruzione è obbligatoria e gratuita per i ragazzi dai 6 ai 15 anni di età, e che il tasso di analfabetismo, tradizionalmente elevato soprattutto nelle zone desertiche più lontane dalle città, abitate da tribù con tradizioni nomadi, si era comunque ridotto nel 2007 al 15,9%. Buona, vicina al 50%, anche la presenza delle donne nei vari livelli di scuola fino all’università.

Malgrado il forte e pervasivo controllo politico-militare il regime gheddafiano sembra dunque non essere stato in grado di spegnere quel bisogno di libertà e quello spirito critico che sono sempre e comunque connessi alla diffusione dell’istruzione tra i giovani.

Uno dei primi compiti della nuova Libia postgheddafiana, e una delle prime cartine al tornasole degli orientamenti dei nuovi governanti in materia di sviluppo della democrazia, riguarderà perciò la politica scolastica. Il regime ora crollato aveva provveduto, negli anni ottanta dello scorso secolo, a chiudere le poche scuole private funzionanti (frequentate soprattutto dai figli di lavoratori stranieri) e a incentivare, invece, le iscrizioni alle scuole religiose (kuttab o maktab schools) istituite presso le moschee. Vedremo presto quali saranno le scelte della nuova Libia: se si orienterà verso le democrazie e i modelli scolastici del Mediterraneo e della vicina Italia sarà un bene per tutti.