La scuola è finita? Anche il cinema

È in arrivo nelle sale cinematografiche un nuovo film sulla scuola. Tanto per cambiare, come riferiscono le anticipazioni fornite dai giornali, si tratta ancora una volta di un film che dà della scuola italiana (romana, in questo caso: un istituto tecnico di periferia) un’immagine assolutamente deprimente.

“La scuola è finita” di Valerio Jalongo (regista con esperienze di insegnamento alle spalle) sarà anche un film-denuncia, come dice la sua protagonista Valeria Golino, ma non sembra destinato a dire nulla di nuovo sulla crisi della scuola italiana limitandosi – come fece anche il film francese “La classe” un anno fa – a contemplarne con qualche compiacimento voyeuristico lo sfascio generale: sociale, istituzionale, pedagogico e perfino esistenziale, come mostrano gli sbandamenti dei protagonisti, i docenti (marito e moglie con matrimonio in crisi) e lo studente Alex che “si fa le canne col prof, e insieme suonano la musica e vanno a vedere le prostitute”, come riassume Valerio Cappelli sul Corriere della Sera (30 ottobre 2010).

Certo, non si può pretendere che i cineasti che si occupano di scuola costruiscano storie necessariamente positive, ‘pedagogicamente corrette’, o centrate su personaggi straordinari come il docente de “L’attimo fuggente” (che aveva anche il non secondario vantaggio di essere un bel film), ma l’insistenza con la quale i registi italiani battono in maniera ripetitiva e con scarsa originalità sul tasto dello sfascio della scuola fa pensare che se ‘la scuola è finita’, il cinema italiano – almeno quello che si occupa di scuola – non è in gran salute: altrimenti riuscirebbe a dire qualcosa di nuovo.