La riforma aperta/4. E se la partenza fosse in ordine sparso?

Malgrado le incertezze la riforma è stata anticipata in via sperimentale, almeno per qualche aspetto, in alcuni istituti di almeno cinque regioni (Lazio, Sicilia, Puglia, Veneto e Lombardia), dove sono stati avviati progetti, coordinati dagli Uffici scolastici regionali, riguardanti in particolare gli istituti tecnici. A livello centrale è stata istituita un’unità di monitoraggio, che ha il compito di studiare l’impatto delle innovazioni sul funzionamento delle scuole.

Ci sono dunque istituti, soprattutto tecnici, che bruciano le tappe, ansiosi di invertire la tendenza al declino degli ultimi 15 anni, che nel 2004 ha portato al “sorpasso” da parte dei licei. Ma ce ne sono altri che chiedono di mantenere la loro specificità, come gli istituti tecnici agrari con specializzazione enologica (sessennale).

Questa richiesta di mantenere un ordinamento autonomo, o di effettuare profonde modifiche ai piani di studio allegati ai regolamenti, è comunque molto più forte tra gli istituti professionali, che sono stati drasticamente ridotti da una trentina a sei, e gli istituti d’arte, che vedono sacrificate le loro tradizionali specializzazioni e mal si riconoscono nella “forma liceo”. Professionali (tutti, ma con più forza gli ex alberghieri, IPSAR, e alcuni “atipici” come l’IPS Stradivari per il liuto di Cremona) e istituti d’arte lamentano in particolare il taglio delle materie e dell’orario dedicati alle attività pratiche.

Ci sono dunque incertezze e resistenze, più sensibili tra gli ex istituti d’arte e professionali (sui quali grava anche l’incognita del rapporto con la formazione professionale regionale), ma presenti anche tra molti licei ex sperimentali (che perdono fino a 8 ore settimanali), che spingerebbero verso l’ipotesi che al 1° settembre 2010 si trovino davvero pronti a partire solo gli istituti tecnici e una parte dei licei. Una ipotesi, sembra di capire, che non dispiacerebbe a Confindustria.