La Buona Scuola/3. La consultazione letta da Stefania Giannini

La lettura che il ministro Stefania Giannini fa dell’andamento della consultazione sembra peraltro poco corrispondente allo spirito liberale della democrazia deliberativa cui si accenna nella precedente notizia, e appare in qualche modo più vicina alla strategia del marketing, che punta comunque a obiettivi predefiniti, cercando il massimo consenso su di essi. 

In un’intervista rilasciata la scorsa settimana all’agenzia Adnkronos il ministro indica una serie di obiettivi e priorità che delineano già i risultati ai quali la consultazione dovrebbe condurre, almeno nelle sue aspettative. La premessa è la stabilizzazione del personale docente tramite lo svuotamento delle Gae: “Abbiamo annunciato un piano di assunzioni che ci servirà per avere tutti i docenti di cui abbiamo bisogno”. Per fare che cosa?

La risposta è netta: “Vogliamo più musica, Storia dell’Arte, laboratori rinnovati nella concezione e nel loro utilizzo, vogliamo dare ai ragazzi le competenze di cui hanno bisogno. Allungando l’orario delle lezioni e il numero di materie curricolari? Pare di no perché Giannini cita con favore una delle proposte arrivate al Ministero: “Meno compiti e più apprendimento”, ovvero “fare meno cose ma bene”.

Come sia possibile conciliare i due obiettivi (inserire o rafforzare musica e arte e i laboratori, e “fare meno cose”) Giannini non lo dice, però fa aperture verso categorie di insegnanti in attesa, e anzi mostra di essere favorevole a inserire nella scuola nuove figure professionali: “un pedagogista e un educatore in ogni scuola. Specialisti che assistano studenti e famiglie nelle situazioni difficili. Un supporto anche per i prof, per sostenerli ad affrontare al meglio le problematiche più complesse che incontrano ogni giorno”.

Anche su altri punti il ministro lancia idee e proposte, dall’arte in lingua inglese a una rete unica per tutte le scuole (“una sorta di cloud scolastico”), con connessa possibilità per prof e studenti di “portare il proprio tablet a scuola”, per arrivare all’introduzione di diritto ed economia in tutte le scuole secondarie superiori. Anche qui con problemi di trovare spazi nei curricula. L’ottica, come si vede, non è quella della fattibilità, ma si avvicina di più a quella del marketing, inteso in questo caso come promozione e ricerca del consenso.