
Iter del ddl scuola, ipotesi ‘cangurizzazione’ alla Camera

Corsa contro il tempo per il ddl scuola che da domani approda al Senato. Primo step in commissione Cultura domani, chiamata ad approvare il calendario.
L’ipotesi della maggioranza, ricostruisce l’agenzia di stampa Dire, è di arrivare al voto finale in commissione giovedì 4 giugno. Il via libera dell’aula di Palazzo Madama arriverebbe entro cinque giorni, in modo che la Camera possa licenziare il testo definitivo nei 6 giorni successivi. Il limite oltre il quale non si potrà andare è infatti il 15 giugno, data considerata limite invalicabile per l’inquadramento in ruolo, entro il prossimo anno scolastico, dei 100mila precari assunti grazie al ddl.
La ristrettezza dei tempi è il principale motivo per cui a palazzo Madama la maggioranza non esclude il ricorso alla fiducia. L’intenzione del governo, spiegano fonti Pd, è di proseguire il confronto, ma senza che questo possa far slittare le scadenze prefissate.
A quanto si apprende, al Senato ci saranno modifiche, e dovrebbero riguardare tra le altre misure il diritto allo studio, l’educazione 0-6, gli istituti musicali. Non dovrebbero essere accolte, invece, le tre principali richieste che arrivano dalla minoranza Pd che oggi ha scritto una lettera a tutti i senatori dem. Bersaniani e cuperliani, che a Palazzo Madama potrebbero contare su 24 senatori, chiedono correzioni sulla chiamata diretta del preside, sull’assunzione degli abilitati di seconda fascia, sui soldi alle scuole paritarie. Sono anche i punti che stanno più a cuore alle opposizioni extra-Pd, che invece confidano nel voto delle regionali per ammorbidire la linea renziana. Un insuccesso del governo, questo è il ragionamento, potrebbe allentare le maglie del dialogo.
Ma allo stato i segnali di apertura non arrivano fino ai punti richiesti da minoranza dem e opposizioni. Con la destra in fibrillazione dopo lo strappo di Fitto, poi, la maggioranza non può permettersi di rischiare. Fonti di centrodestra riferiscono di un malumore strisciante nel gruppo di Ap al Senato, dove più d’uno sarebbe attratto dalla nuova formazione dell’ex ministro pugliese. Un’altra ragione in favore della fiducia.
Secondo uno schema di massima che circola in maggioranza, le modifiche a Palazzo Madama avverrebbero in commissione. All’atto dell’approdo in aula ci sarebbe la verifica del numero degli emendamenti e la valutazione dell’ipotesi fiducia. A quel punto il testo del ddl sarebbe semplificato. E alla Camera, nei cinque giorni restanti, non ci sarebbe neppure bisogno del ricorso alla fiducia perché gli emendamenti potrebbero essere ‘cangurizzati’.
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