Insegnanti/1. Quell’abilitazione a numero chiuso

Chi vuol fare l’insegnante se lo scordi, almeno per dieci anni. Chi sta frequentando o vorrà iscriversi il prossimo anno a un corso di laurea in matematica, lingue, lettere, filosofia, scienze motorie, ecc., con l’intenzione di insegnare, sappia che non sarà possibile, perché i nuovi posti previsti dalle tabelle ministeriali per ottenere l’abilitazione all’insegnamento – anche nelle principali classi di concorso – ammontano sostanzialmente a zero fino al 2015. Zero tituli. E presumibilmente si discosteranno di poco dallo zero fino al 2018”.

Così inizia una polemica lettera aperta indirizzata al ministro Gelmini dalle liste studentesche di quattro atenei marchigiani aderenti al CLDS (Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio). Vi si sostiene che “il governo ha compiuto la sua scelta (calcolata o subita): sta dalla parte dei già abilitati non ancora immessi in ruolo e inseriti nelle graduatorie a esaurimento. Una scelta, è inutile nasconderlo, che soddisfa pienamente le richieste dei sindacati e privilegia i ‘diritti acquisiti’”.

Sul banco degli imputati sta la norma del Regolamento che prevede la programmazione degli accessi ai corsi universitari che consentono di abilitarsi per l’insegnamento: la laurea magistrale a ciclo unico quinquennale per la scuola materna e primaria, e la laurea magistrale biennale più un anno di Tirocinio Formativo Attivo (TFA) per la scuola secondaria di primo e secondo grado.

Questa norma, considerate le scarse o nulle prospettive di accesso ai corsi, a causa del declinante (anche per i tagli) fabbisogno di nuovi insegnanti per i prossimi anni (vedi news successiva), rischia di escludere dall’insegnamento per anni intere generazioni di giovani, in attesa che si smaltisca l’esercito dei precari in attesa di nomina in ruolo.

La richiesta contenuta nella lettera aperta è chiara: tornare a distinguere tra abilitazione, eliminando il numero programmato per l’accesso ai corsi, e reclutamento, ripristinando i concorsi almeno per il 50% dei posti e ammettendovi in condizioni di parità vecchi e nuovi abilitati. Così anche i giovani desiderosi di insegnare avrebbero almeno una chance. Ma l’avranno? Vediamo.