Gavosto/2: Ma la scuola italiana è irriformabile?

Andrea Gavosto, Direttore Fondazione Agnelli, dopo avere individuato quelli che, a suo parere, sono stati gli errori di fondo nella conduzione della proposta renziana di riforma della scuola, nel suo intervento su ‘La Stampa’ valuta le prospettive del progetto.

Che cosa succederà adesso? Nell’immediato, poco o nulla.

Come ogni anno, il ministero dell’Istruzione assumerà i docenti necessari a far partire il prossimo anno: almeno 30 mila, forse qualche migliaio in più per rimediare alla sentenza della Corte europea di giustizia, che vieta il precariato nella scuola per più di 36 mesi.

L’effetto ‘slittamento’ avrebbe un impatto negativo sull’intero mondo del precariato. 

Certo, sarà immensa la delusione dei 100 mila che aspettavano di essere assunti già il prossimo settembre, e dei dirigenti scolastici, che dopo essere stati messi in prima linea, vedono oggi un clima deteriorato nelle scuole.

Altrettanto forte è la delusione di chi – e noi siamo fra questi – ritiene che un’ambiziosa riforma della scuola sia necessaria, per porre rimedio a un ritardo – testimoniato da tante analisi – che si fa ogni anno più pericoloso per il futuro dei nostri ragazzi.

Gavosto si chiede se il nostro sistema scolastico può essere riformato.

Dopo l’insuccesso di Luigi Berlinguer 15 anni fa e quello probabilissimo della Buona Scuola oggi, dobbiamo concludere che la scuola italiana è irriformabile?

Penso di no. È vero che i docenti sono un corpo sociale tendenzialmente conservatore e autoreferenziale, abituato dalle sciagurate politiche del passato a pensare che la scuola possa essere esente da una seria valutazione e che sia sufficiente attendere con pazienza il proprio turno per essere, prima o poi, assunti, spesso senza concorso e senza sufficienti verifiche delle competenze didattiche e attitudinali.

Per il direttore della Fondazione Agnelli, tuttavia, una speranza c’è ancora.

Ma è altrettanto vero che, almeno nella prima fase del dibattito, si sono levate molte voci, dalle famiglie e dall’interno della stessa scuola, favorevoli a cambiare lo status quo, a ripristinare criteri di qualità nell’insegnamento, a porre sempre di più gli studenti al centro.

Questi segnali di cambiamento si devono cogliere, magari ripartendo da una discussione su che cosa la scuola deve insegnare nei vari ordini e gradi, e scegliendo, di conseguenza, docenti giovani, coerentemente preparati e selezionati da un rigoroso sistema di formazione.

Anche perché il probabile fallimento della maxi-sanatoria è la dimostrazione finale che la strada delle promesse di assunzione senza vaglio di qualità ha creato tali disastri che sarebbe folle ripercorrerla.