Fare lezione nella scuola che cambia: una sfida inclusiva

La capacità di organizzare una lezione nello scenario attuale richiede uno sforzo organizzativo, didattico e metodologico sconosciuto, fino a pochi anni fa. Il passaggio da una logica dell’insegnamento a una dell’apprendimento, con conseguente cambio di paradigma verso una scuola che sia insieme accogliente e competente[1], comporta un notevole sforzo che richiama tanti aspetti della professionalità docente.

In questo scenario mutevole e continuamente sottoposto a pressioni di vario tipo, la scuola italiana è chiamata alla sfida forse più impegnativa: creare percorsi inclusivi in grado di accogliere e accompagnare studenti con disabilità, con disturbi evolutivi specifici (DSA, funzionamento cognitivo limite,ecc) e con svantaggio socio culturale, così come prevede l’attuale normativa in merito all’inclusione scolastica degli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES).[2]

Se fino a pochi anni fa le attenzioni della scuola erano rivolte principalmente agli alunni con disabilità certificata, tutelati da un complesso di norme tese a garantire il diritto dell’integrazione nella scuola di tutti[3], oggi la richiesta è di un ampliamento del processo di individualizzazione e personalizzazione della relazione didattica. Una scuola inclusiva, in altre parole è quella in grado di accogliere e valorizzare tutti i bambini, a prescindere dal grado di disagio, difficoltà o disabilità del singolo alunno. Per far questo è necessario predisporre una didattica in grado di garantire lo sviluppo delle competenze di ogni bambino, attraverso la capacità di alternare momenti di lezione frontale ad altri più responsabilizzanti e motivanti.

Per sviluppare una didattica veramente inclusiva è necessario che la scuola sviluppi attenzione a diversi ambiti della vita scolastica. Di seguito ne citiamo alcuni, tra i più importanti.

1)      Il ruolo dell’insegnante specializzato sul sostegno: in molte occasioni gli insegnanti di sostegno sono considerati come gli insegnanti del bambino con disabilità, producendo una serie di numerosi effetti negativi a cascata. In primis si trasmette un messaggio inesatto, sia alla famiglia del bambino, che alla classe, che al bambino stesso. L’insegnante specializzato sul sostegno è appunto, uno specialista che è incaricato di operare all’interno di una classe che accoglie anche un bambino con disabilità. E’ quindi un insegnante che può favorire un lavoro cooperativo, lavorare anche con gli altri alunni e che ha una sua dimensione professionale chiara e specializzata. Per sviluppare percorsi inclusivi è necessario tenerne conto.

2)      I compagni di classe sono una risorsa, che se non valorizzata, rischia di diventare un boomerang. Sappiamo bene che non è sufficiente “inserire” un alunno con disabilità in un contesto classe, affinché si possa parlare di integrazione scolastica. L’integrazione è un processo costante e dinamico, che si caratterizza per il fatto che è costruita da una pluralità di soggetti, tra cui tutto il corpo docente, il personale ATA, il dirigente e i compagni di classe. E’ importante che i compagni di classe di un alunno con disabilità, o in generale con Bisogni Educativi Speciali (BES) conoscano il loro compagno nella sua globalità, senza fermarsi alle apparenze (spesso legate a difficoltà o deficit) o ai limiti. Per fare questo si deve poter spiegare chi è il compagno con BES, mostrare loro i punti di forza e di debolezza, aiutarli in un percorso di comprensione e valorizzazione della differenza. In questo modo i compagni di classe diventeranno un prezioso strumento d’inclusione scolastica e un importante strumento di maturazione della qualità dell’inclusione stessa.

3)      Il percorso pedagogico deve essere orientato al “Progetto di vita” degli alunni con BES. Avere un’attenzione specifica verso il progetto di vita degli alunni con maggiori difficoltà significa aver cura di due dimensioni che caratterizzano la vita dell’alunno: la dimensione sincronica e la dimensione diacronica. Aver cura della dimensione sincronica significa prendersi cura del qui ed ora. Ciò comporta un lavoro verso lo sviluppo delle autonomie scolastiche e sociali, un’interazione costante con le diverse figure che si occupano dell’alunno con BES (terapisti, logopedisti, assistenti sociali, educatori), nell’ottica di sviluppare un percorso unitario e coerente. La dimensione diacronica significa creare le basi per un’attenzione alla dimensione futura, adulta. Per fare questo è importante non considerare il bambino con BES come un eterno bambino, ma, al contrario, creare le condizioni affinché possa crescere con un’identità il più possibile strutturata e coerente.

Fare lezione nella scuola che cambia, in ottica inclusiva, significa aver cura delle fragilità presenti nella scuola. Per fare questo è necessario che la scuola accolga tutte i bambini, che li sappia valorizzare e accompagnare verso una crescita personale e sociale.

 

Riferimenti Bibliografici

 

Contardi A., Verso l’autonomia, Carocci, Roma 2004

Fiorin I., Scuola accogliente, scuola competente, editrice La Scuola, Brescia, 2012

Fiorin I., Insegnare ad apprendere, editrice La Scuola, Brescia, 2012

Ianes D., Cramerotti S., Alunni con BES, Ericskon, Trento, 2013

 


[1] Fiorin I., Scuola accogliente, scuola competente, editrice La Scuola, Brescia, 2014

[2] C.M. n.8/2013 e Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012

[3] Leggi 118/71, 517/77 e 104/92