Dalla gestione della classe alla costruzione di benessere condiviso
L’espressione ‘gestione della classe’ evoca complesse strategie attuate dagli insegnanti impegnati nel contenere, ma anche promuovere, le espressioni cognitive, emotive e relazionali dei propri alunni. Una prospettiva interessante che può essere analizzata prendendo in considerazione i comportamenti verbali e non che un insegnante può adottare, più o meno efficacemente, a tale scopo. L’età degli alunni, il numero dei componenti della classe, il ruolo del docente, gli obiettivi e le finalità che si intendono raggiungere sono solo alcuni dei criteri che possono dar vita a numerose e differenti strategie di gestione da applicare con i propri alunni.
Tuttavia, ad una visione più comportamentista, che spesso nella sua esemplificazione rappresenta un’ancora consolatoria nella pratica degli insegnanti, se ne può affiancare un’altra che apparentemente sfugge alla domanda ‘come devo comportarmi quando un alunno fa questo o quello?’, ma che apre ad una riflessione più ampia e centrata piuttosto sull’insegnante che sull’alunno.
Arriviamo al punto. La domanda di partenza che tende a vedere la ‘gestione della classe’ in una prospettiva diversa è quella che analizza lo stato di salute dell’insegnante, il suo benessere generale ma anche legato alla soddisfazione professionale e che, numerose ricerca nazionali e internazionali, indicano come cuore pulsante dell’efficacia professionale. In altre parole, il benessere psicologico dell’insegnante fa la differenza nella qualità della gestione della classe. L’Organizzazione mondiale della Sanità definisce il benessere come uno stato in cui l’individuo realizza le proprie capacità, può gestire adeguatamente le normali situazioni di stress della vita, può lavorare produttivamente ed è in grado di contribuire attivamente alla propria comunità. Si tratta, quindi, di uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo come la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità.
In termini più propriamente legati alla pratica professionale dell’insegnante il benessere psicologico è inteso come uno stato psico-sociale, ma anche fisico, particolarmente a rischio.
Gli insegnanti risultano maggiormente esposti al rischio di stress emotivo in quanto sono chiamati a svolgere molteplici compiti relazionali. L’insegnamento rientra tra quelle professioni definite helping professions, cioè di cura, come ad esempio quelle socio-sanitarie. Il mestiere dell’insegnante è soggetto a possibili logoramenti che le istituzioni dovrebbero tenere in grande considerazione per gli effetti che essi hanno. Il lavoro di cura espone all’esaurimento emotivo, ad una irritabilità maggiore nelle relazioni interpersonali, ad un lento disinvestimento e ad un innalzamento dei livelli di insoddisfazione.
Nel caso specifico degli insegnanti, ad esempio, le richieste sono molte e provenienti da più fonti: i dirigenti, i colleghi, gli alunni e le loro famiglie.
Avere attenzione alla qualità della relazione con i propri alunni, distinguendo le diverse provenienze ed esigenze, non solo in termini cognitivi ma anche affettivi non fa che incrementare le fonti di stress per gli insegnanti perché si traduce in richiesta di maggiore impegno, sforzo e molta energia in più. Richieste sempre più alte possono diventare una fonte di stress per gli insegnanti e un decremento della loro condizione di benessere. Ciò è vero soprattutto quando l’istituzione scolastica non dedica attenzione e cura alle condizioni di lavoro degli insegnanti, non fornisce ambienti idonei a vivere esperienze positive, non garantisce un sostegno adeguato, psicologico e pedagogico.
Saper gestire il proprio stress, e quindi le emozioni e i comportamenti che da esso derivano, costituisce, dunque, un cambio di prospettiva radicale al tema della ‘gestione della classe’.
Al centro della formazione degli insegnanti dovrebbe quindi esservi una maggiore attenzione al benessere come principale garanzia della qualità del processo di insegnamento-apprendimento. In particolare, oggi si parla di tre bisogni di base che andrebbero sostenuti e promossi negli insegnanti: sentirsi competente e abile; sentirsi autonomo e padrone delle proprie scelte; infine, sentirsi parte di un gruppo, legato ad altre persone considerate importanti. Secondo diversi autori, il benessere degli insegnanti stimola la stabilità nell’organizzazione aumentando la qualità dei risultati che si raggiungono.
In conclusione, svolgere la professione d’insegnante significa, sempre più, disporre di
competenze che si definiscono su più livelli dove, accanto alle conoscenze disciplinari e didattiche, sono necessarie anche le abilità socio-relazionali e una consapevolezza sempre maggiore del personale stato di salute. Sono molti i segnali che oggi la letteratura scientifica indica come primi indizi di uno stato di malessere professionale che prende piede. Sarebbe auspicabile, dunque, un lavoro di formazione nonché di attenta riflessione, sui rischi della professione di insegnante e sulle molte azioni, individuali e di sistema, che possono essere effettuate per migliorare lo stato di salute dell’insegnante. Sostenere gli insegnanti per aiutare gli alunni diventa, in questa prospettiva, una visione altra dei problemi di gestione della classe in cui al centro non è più la questione ‘come gestire la classe’, quanto piuttosto ‘come gestire le mie emozioni, di insegnante, in classe’!
Riferimenti bibliografici
Fiorilli, C.; De Stasio, S.; Benevene, P.; Cianfriglia, L.; Serperi, R. (a cura di). (2015). Salute e benessere degli insegnanti italiani. (1°ed.) Franco Angeli: Milano.
Buonomo, I.; Pedauto, C.; Apolloni, C.; Benevende, P.; De Stasio, S.; Fiorilli, C. (2015). Insegnare nella scuola dell’infanzia. Bambini, Gennaio, 18-22.
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