Alunni ciechi: no alla scuola speciale

Il presidente dell’iici Barbuto punta il dito contro la "Buona scuola" e critica la proposta di "far frequentare 2 anni di scuola speciale prima di inserire i bambini nella scuola di tutti".

L’entrata in vigore della nuova legge comunemente intesa come la “Buona Scuola”, segna un passaggio fondamentale per l’intero sistema di istruzione e di formazione che influenzerà anche i percorsi educativi dei nostri bambini e ragazzi ciechi e ipovedenti“. Così il presidente nazionale dell’Unione ciechi e ipovedenti, Mario Barbuto, nella riflessione affidata all’editoriale dell’ultimo numero del Corriere dei ciechi, come riferisce l’agenzia Redattore Sociale.

La proposta di legge presentata congiuntamente da Fand e Fish, che stiamo tentando di far recepire il più possibile nell’alveo operativo della legge sulla Buona Scuola – prosegue Barbuto – indica una direzione di marcia chiara e condivisa, relativamente all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità: garantire la frequenza delle scuole comuni per tutti; accrescere risorse e competenze generali e specifiche da porre al servizio dei processi di inclusione. Non sarà un cammino agevole e veloce, ma non esistono alternative. Non si possono percorrere facili scorciatoie nell’illusione di poter bastare a se stessi, ignorando la realtà  circostante e il mondo di tutti“.

Aspra è la polemica di Barbuto: “Piccoli cervelli annebbiati dal tempo, con la faciloneria di chi scopre l’acqua calda, vengono invece a tentarci con idee e proposte alquanto stravaganti, definibili come una sorta di ritorno al passato tecnologico. Due anni di “scuola speciale” prima di tuffare i bambini ciechi di sei e sette anni nel mondo più vasto della scuola di tutti. Due anni di indottrinamento speciale per imparare le tecniche e le pratiche necessarie a saper sopravvivere, poi, nella scuola comune. Insomma, una specie di ‘trattamento sanitario obbligatorio’ al quale sottoporre i nostri bambini e le nostre bambine per due anni prima di concedere loro il permesso di soggiorno in quella scuola dove tutti gli altri entrano invece fin dal primo giorno, per diritto sancito dalle leggi e dalla Costituzione della Repubblica. Non sarà necessario confutare simili stravaganze sotto il profilo pedagogico! Sarà sufficiente un sano esercizio del buon senso a cogliere l’assurdità e l’inattuabilità di una simile idea“.

In ogni caso “in un disegno sinergico con i nostri Istituti operanti sul territorio nazionale, tenendo insieme risorse e competenze delle quali già disponiamo, saremo in grado di supportare le pubbliche istituzioni in quel processo di inclusione che sappia offrire a ciascuno il proprio posto nella scuola di tutti, fin dal primo giorno del primissimo ciclo di istruzione, senza essere costretti a conseguire, già a sei anni, patenti e abilitazioni di sorta“.

Diffidiamo delle puerili suggestioni e delle chimeriche illusioni”, conclude Barbuto, ”e soprattutto diffidiamo della faciloneria e dell’improvvisazione di nuovi apprendisti stregoni“.