Maturità/1. Quella scena muta eloquente…

Si sta molto discutendo in questi giorni su come interpretare il gesto di alcuni studenti che hanno rifiutato di sostenere la prova orale della maturità, e su cosa fare: punirli con la bocciatura, come il ministro Valditara ha detto di voler fare dall’anno prossimo (ma anche con un orale diverso, su cui torniamo nella successiva notizia), oppure cercare di capire se ha ancora senso una prova superata dal quasi 100% dei candidati, peraltro quasi tutti sicuri di essere promossi perché raggiungono il minimo anche senza il punteggio dell’orale? E che sanno che il loro voto di maturità non conterà praticamente nulla (salvo forse i 100 e 100 e lode) né per trovare un lavoro e neanche per iscriversi a molte Università, che non se ne fidano e attivano propri filtri selettivi?

È opinione diffusa (ed è anche la nostra) che occorra trovare una soluzione diversa per l’esame, previsto dalla Costituzione, ed è bene che su questo tema si apra un dibattito pubblico e aperto. Si potrebbe per esempio dare più peso allo scrutinio finale dell’ultimo anno, oppure sostituire le prove con una certificazione delle competenze acquisite dai candidati, da realizzare sulla base di un portfolio documentato e di un colloquio limitato a uno o due temi scelti dallo studente anche non legati alle discipline caratterizzanti dell’indirizzo.  Al limite si potrebbe anche mantenere l’attuale tipo di esame, ma facendolo meglio, come propone la preside Laura Biancato in una argomentata riflessione che ci ha inviato, frutto di lunga esperienza e di una approfondita conoscenza del problema. 

Un esempio di inadeguatezza, scrive Biancato, è la prova scritta di italiano: “È uguale per tutti, indipendentemente dall’indirizzo frequentato. Che provenga da un tecnico commerciale, da un professionale agrario o da un liceo classico, lo studente ha a che fare con le medesime tracce. Dove sarebbe il senso pedagogico? Si finge equità, quando in realtà si ignorano competenze e percorsi. Poi c’è l’aspetto più surreale: si scrive ancora tutto a mano, come se fossimo in un’era del tutto analogica. Nel 2025, chiediamo ai ragazzi – cresciuti con smartphone, tastiere, cloud e app – di scrivere un testo argomentativo senza usare strumenti che ormai persino uno scrittore usa ogni giorno”.

Il testo integrale della nota di Laura Biancato, che contiene molti altri spunti interessanti, si può leggere cliccando qui.

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