La riforma aperta/5. Il pressing delle discipline

Sono numerosi i documenti, prodotti da associazioni disciplinari, ma spesso anche da scuole e da gruppi di docenti, che protestano per l’esclusione o il sottodimensionamento di particolari discipline all’interno dei piani di studio allegati ai regolamenti nella loro attuale stesura.

Molto forte, per esempio, è la rimostranza degli insegnanti di diritto ed economia, il cui insegnamento, diffusamente presente nelle sperimentazioni, è stato totalmente eliminato nei licei e ridimensionato negli istituti tecnici: vorrebbero che fosse inserito tra le materie obbligatorie in tutti gli indirizzi, anche “nell’ottica di uniformare la formazione scolastica degli studenti italiani alle competenze richieste a livello europeo“, come scrive il sen. Lumia (PD) in un’interrogazione rivolta al ministro Gelmini.

Non mancano proteste contro l’abbinamento di discipline diverse (per esempio chimica e fisica) in insegnamenti integrati, o per il forte ridimensionamento dell’informatica nell’indirizzo “Amministrazione, Finanza e Marketing” rispetto al precedente indirizzo per Programmatori. Più in generale, i docenti di discipline tecniche lamentano la compressione delle loro discipline in particolare nei trienni, ma nel complesso non possono non prendere atto degli ampi spazi di flessibilità anche curricolare consentiti dai nuovi regolamenti.

Se esisteranno le condizioni sul territorio, soprattutto la domanda delle imprese e le opportunità di lavoro, non mancherà la possibilità di adattare i piani di studio rafforzandone la componente di formazione tecnica, magari in rapporto con attività di alternanza scuola-lavoro e/o extracurricolari.