
5. Autonomia scolastica
1. Autonomia didattica
2. Autonomia organizzativa
3. Quota di istituto del curricolo
4. Procedure di approvazione del progetto nazionale di innovazione
Il decreto n. 61/2003 dispone che i piani di studio predetti vengano attivati dalle istituzioni scolastiche nell’ambito della autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, da esercitare tenendo conto delle attese delle famiglie nel contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali, fermi restando gli attuali assetti strutturali, gli orari di funzionamento e le risorse professionali in dotazione, rimettendo all’autonomia delle istituzioni scolastiche l’attivazione di nuovi modelli relativi all’organizzazione della didattica.
L’autonomia delle istituzioni scolastiche rappresenta pertanto lo strumento più importante per realizzare il progetto nazionale di innovazione. Ma quali sono effettivamente gli spazi e i poteri riconosciuti dall’autonomia?
1. Autonomia didattica
L’articolo 4 del Regolamento dell’autonomia scolastica (cfr.) di cui al dpr 275/1999, prevede che le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l’altro:
a) l’articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività;
b) la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria della lezione e l’utilizzazione, nell’ambito del curricolo obbligatorio di cui all’articolo 8, degli spazi orari residui;
c) l’attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dell’integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione agli alunni in situazione di handicap secondo quanto previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104;
d) l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso;
e) l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari.
Come si può rilevare, ben prima dell’approvazione della legge di riforma 28 marzo 2003, n. 53, le istituzioni scolastiche potevano avvalersi di propri poteri di determinazione degli assetti didattici e metodologici.
Ciò è stato possibile dal 1° settembre 2000, formale avvio del riconoscimento dell’autonomia scolastica, ma il cambiamento è stato graduale e, in molti casi, non avviato per nulla.
L’occasione del progetto nazionale potrebbe consentire di esercitare liberamente queste nuove competenze. Tra l’altro, come si può notare, la possibilità di cui alla precedente lettera d) si adatta chiaramente alle ipotesi di organizzazione del lavoro degli insegnanti.
2. Autonomia organizzativa
L’articolo 5 del Regolamento dell’autonomia scolastica (cfr.) di cui al dpr 275/1999, prevede che le istituzioni scolastiche possono adottare, anche per quanto riguarda l’impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno dei processi innovativi e il miglioramento dell’offerta formativa.
Proprio l’impiego dei docenti costituisce una risorsa organizzativa da utilizzare per conseguire risultati formativi più efficaci.
Ovviamente vanno rispettate le norme contrattuali sugli obblighi di servizio e sui carichi di lavoro del personale e, se del caso, vanno anche attivate opportune contrattazioni integrative di istituto.
Afferma in particolare l’articolo 5 che “l’orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline e attività sono organizzati in modo flessibile, anche sulla base di una programmazione plurisettimanale, fermi restando l’articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attività obbligatorie”.
Con riferimento all’impiego degli insegnanti nelle classi interessate al progetto nazionale di innovazione, il citato articolo 5 del Regolamento dell’autonomia prevede la possibilità che in ciascuna istituzione scolastica “…le modalità di impiego dei docenti possono essere diversificate nelle varie classi e sezioni in funzione delle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche ed organizzative adottate nel piano dell’offerta formativa”.
Questa previsione consente di affidare agli insegnanti delle classi prime e seconde interessate al progetto incarichi differenziati con prestazioni diverse anche per quantità di presenza temporale in ciascuna classe.
Nell’ambito di questo potere le scuole possono prevedere, se lo ritengono opportuno, anche l’attivazione di funzioni tutoriali, di coordinamento di organizzazione dell’attività laboratoriale.
3. Quota di istituto del curricolo
L’articolo 8 del Regolamento dell’autonomia scolastica (cfr.) di cui al dpr 275/1999, prevede che le istituzioni scolastiche possono determinare nel Piano dell’offerta formativa il curricolo per i propri alunni in modo da integrare la quota definita a livello nazionale con la quota loro riservata che comprende le discipline e le attività da esse liberamente scelte.
L’integrazione tra la quota nazionale del curricolo e quella riservata alle scuole deve garantire il carattere unitario del sistema di istruzione.
L’articolo 8 prevede anche che la determinazione del curricolo tenga conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie.
Il carattere unitario del curricolo (è bene ricordare che il sistema di istruzione nazionale è unico) garantisce che le nuove scelte curricolari o la variazione di scelte già effettuate tenga conto delle attese degli studenti e delle famiglie.
Dopo l’emanazione del Regolamento sull’autonomia, nel 2000 è stato emanato un altro decreto (n. 234 del 6 giugno 2000) che esplicitamente ha dato le prime risposte alla questione dei curricoli di studio e alla quota d’istituto.
Relativamente all’entità della quota di istituto, il decreto precisa che “La quota oraria obbligatoria dei predetti curricoli riservata alle singole istituzioni scolastiche è costituita dal restante 15% del monte ore annuale; tale quota potrà essere utilizzata o per confermare l’attuale assetto ordinamentale o per realizzare compensazioni tra le discipline e attività di insegnamento previste dagli attuali programmi o per introdurre nuove discipline….”
Nell’ambito di tale quota del 15% – che può essere definita tenendo conto del monte ore annuo delle lezioni – possono essere offerti altri insegnamenti diversi da quelli previsti dai curricoli (programmi di insegnamento).
È dunque possibile che la quota del 15% comprenda specifici obiettivi di apprendimento contenuti nelle “Indicazioni nazionali”.
Nel caso si voglia ampliare l’attuale curricolo avvalendosi della possibilità di introdurre obiettivi specifici di apprendimento secondo le “Indicazioni nazionali” e nel limite massimo della quota del 15%, si rinvia alla parte specifica di questa guida che, sotto la voce “Programmi”, presenta, ordinati per classe tutti gli obiettivi specifici di apprendimento delle diverse discipline così come esposti nelle “Indicazioni nazionali”, ne riporta il commento, disciplina per disciplina, contenuto nelle “Raccomandazioni” e, infine, li mette a confronto con i programmi vigenti della scuola primaria secondo le diverse discipline (materie) di studio.
Vedi anche il paragrafo “Cosa insegnare”.
4. Procedure di approvazione del progetto nazionale di innovazione
Per attuare il progetto nazionale di innovazione di cui al decreto n. 61/2003 devono essere seguite e rispettate alcune procedure. Vediamole.
Il progetto nazionale, contenuto in un apposito decreto ministeriale, che fa riferimento integralmente alle indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati per scuola primaria e accompagnato da una circolare contenente istruzioni e indicazioni applicative, è stato sottoposto al parere – obbligatorio ma non vincolante – del Consiglio nazionale della Pubblica istruzione (CNPI) che si è pronunciato favorevolmente il 15 luglio 2003.
Nel decreto si afferma che il progetto nazionale è promosso in base all’articolo 11 (cfr.) – iniziative finalizzate all’innovazione – del Regolamento sull’autonomia scolastica (dpr 275/1999). La promozione del progetto nazionale da parte del ministero dell’Istruzione comporta l’adesione, eventuale, delle istituzioni scolastiche.
Le delibere del collegio dei docenti (per la definizione del progetto) e del consiglio di circolo (per l’integrazione degli obiettivi del POF) rappresentano gli atti formali di espressione della volontà dell’istituzione scolastica di aderire al progetto nazionale di innovazione secondo le “Indicazioni nazionali”. Senza quegli atti l’adesione al progetto non è possibile.
È opportuno che anche il consiglio di interclasse, se pur nella composizione incompleta funzionante nel precedente anno scolastico, esprima un parere in ordine al progetto che riguarderà le classi della scuola. Il parere che verrà espresso non è vincolante ma consente di informare e soprattutto di coinvolgere nel processo di innovazione sia i genitori sia gli insegnanti.
Le delibere del collegio e del consiglio di circolo non dovranno limitarsi ad una semplice adesione al progetto nazionale ma dovranno approvare un preciso e circostanziato progetto proprio che integra il Piano dell’Offerta Formativa.
Nella fase di dibattito e di decisione degli organi collegiali di istituto sarà importante fornire alle famiglie la più ampia informazione sulle scelte che si stanno determinando.
In particolare i genitori degli alunni delle prime e seconde classi della primaria dovranno essere direttamente informate, anche mediante assemblee, sul coinvolgimento della scuola nel progetto nazionale di innovazione.
Nel progetto – che per la parte pedagogica e didattica dovrà essere elaborato dal collegio docenti – potranno essere individuati:
• contenuti,
• obiettivi,
• strumenti da utilizzare,
• condizioni organizzative,
• procedimenti metodologici,
• verifica delle condizioni di fattibilità,
• monitoraggio in funzione dei risultati da raggiungere.
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