2015, fine della scuola?

Alcune tendenze in atto a livello internazionale e nella società italiana prefigurano per l’educazione uno scenario, nel volgere di pochi anni, del tutto inedito, e pongono un interrogativo per certi versi inquietante: la scuola rischia di essere messa fuori gioco, percepita dagli adolescenti di domani come un’istituzione inutile?
E’ il tema del convegno organizzato da Tuttoscuola presso la Fiera ABCD di Genova. L’appuntamento, da non mancare, è per venerdì 26 novembre.
Perché abbiamo scelto di affrontare un argomento così “scomodo”? Non certo per creare inutili allarmismi, quanto per invitare operatori scolastici, opinion makers, università, imprese, e mondo della politica a riflettere su una questione strategica, e urgente, per il nostro Paese.
La “generazione del 2000+”, ossia gli scolari nati nel terzo millennio, cresciuti in un “brodo tecnologico” con palmare e videotelefono, connessi a internet dalla nascita, abituati al compagno di banco straniero, ad essere giovani in una società sempre più anziana, come guarderanno il loro “prof.”?
Cosa si aspetteranno da lui, potendo già contare su potenti strumenti alternativi di conoscenza e di informazione e su innumerevoli stimoli, quali avranno a disposizione nell’era, ormai dietro l’angolo, della banda larga e della piena integrazione TV-telefono-PC?
Se già oggi il modello del docente tradizionale comincia a “stare stretto” allo studente curioso, inserito nel proprio tempo, cosa succederà tra dieci anni allo stesso docente che si troverà di fronte un adolescente ancora diverso, che avrà interiorizzato sia il progresso tecnologico, sia la società multirazziale e globalizzata?
Si tratta di un potenziale rischio, non certo di una certezza, e non saremo certo noi a fare le “cassandre” per la scuola. Ma vale la pena studiare a fondo il problema, guardarci bene dentro. Prevenire è meglio che curare…
Anche perché i segnali verso quella possibile deriva ci sono, chiari e numerosi, come documentano i dati che presenteremo al convegno. Autorevoli pedagogisti, studiosi, operatori scolastici e giornalisti aiuteranno a dipanare la matassa, e inizieranno a dibatterne. Perché ciò che auspichiamo è proprio che sia l’avvio di una riflessione, la presa di consapevolezza di un problema forse più profondo della questione “tutor sì, tutor no” o di altre che riempiono in questo periodo le cronache sulla scuola.
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