
12. Il "tempo scuola"
1. L’orario delle lezioni
2. Il tempo dei laboratori
3. I rientri pomeridiani: obbligo o facoltà
4. Il tempo pieno
5. I tempi per insegnare
Il tempo non è un “contenitore” nel quale si svolgono in sequenza fatti ed eventi prederminati. Il tempo è piuttosto una risorsa da utilizzare secondo programmazione, con criteri di flessibilità ed efficienza.
L’autonomia didattica di cui all’articolo 4 del Regolamento dell’autonomia scolastica fornisce in proposito vari suggerimenti.
Nelle “Indicazioni nazionali” il tempo è richiamato più volte e utilizzato per modelli organizzativi diversi. Nel progetto di innovazione di cui al decreto n. 61/2003 quei modelli non hanno valore vincolante, anche se possono essere assunti ad esempio o fatti propri dalle scuole nella loro autonoma determinazione.
Non possono comunque essere assunti modelli orari che siano contrari agli ordinamenti vigenti, come, ad esempio, il monte ore di lezione.
1. L’orario delle lezioni
Proprio per le ore annue di lezione le “Indicazioni nazionali” ipotizzano una variazione ordinamentale che non può essere assolutamente assunta nel progetto di innovazione.
Sono pertanto da confermare gli orari previsti dagli attuali ordinamenti per la scuola elementare (primaria) che sono di 27 ore settimanali per le classi normali, elevabili fino a 30 ore in presenza della seconda lingua. Per le classi funzionanti a tempo pieno l’orario settimanale è, come di consueto, di 40 ore.
Nell’orario settimanale di lezione (orario curricolare) per le classi normali non è compreso l’eventuale orario per la mensa, in caso di rientro pomeridiano.
Le famiglie possono scegliere tra scuole organizzate a orario normale e scuola organizzate a tempo pieno.
Per l’applicazione della legge 30/2000 sui cicli scolastici (abrogata dalla legge 53/2003) il decreto ministeriale predisposto dal ministro De Mauro (e poi sospeso) prevedeva 30 ore settimanali per tutte le classi a orario normale per un monte annuo complessivo di 1000 ore.
2. Tempo per i laboratori
Nel nuovo progetto di scuola, delineato dalle “Indicazioni nazionali” e proposto senza obbligo alle scuole che intendono partecipare al progetto di innovazione, sono previsti i laboratori la cui frequenza da parte degli alunni rientra, per una certa quota oraria, nelle attività curricolari (obbligatorie), oppure, in base al Piano di studi personalizzato, può rientrare, in quota oraria da programmare, tra le attività extracurricolari.
La quantità oraria complessiva dei laboratori (tra attività curricolari e attività extracurricolari), che nello studio del Gruppo ristretto di lavoro per gli Stati generali della scuola del dicembre 2001 era stata quantificata in 300 ore annue per laboratorio, nelle “indicazioni” ministeriali per i Piani di studio personalizzati non viene quantificata, rimettendo pertanto alla istituzione scolastica autonoma ogni decisione in merito.
Secondo le “Indicazioni nazionali”, vi saranno disposizioni vincolanti che riguarderanno anche l’attuazione dei laboratori; tali vincoli implicheranno l’opportunità di organizzare le attività educative e didattiche obbligatorie sia per classe, sia per Laboratori.
Poiché in base al Dpr 275/1999 l’autonomia delle istituzioni scolastiche si esercita fino al limite del 15% delle ore di lezione, si può considerare che il tempo da dedicare ai laboratori possa arrivare fino a tale quota percentuale rispetto all’intero orario di lezioni settimanale, fino quindi a circa 4 ore di laboratorio al massimo per settimana.
3. I rientri pomeridiani: obbligo o facoltà
Una novità indotta dalle “Indicazioni nazionali” e dalle “Raccomandazioni” che le accompagnano è quella dei rientri pomeridiani.
Rispetto all’ordinamento precedente, quando i rientri erano comunque obbligatori, essendo facoltà del consiglio di circolo deliberare solamente la loro quantità (1, 2 o più in base alla situazione socio-economica delle famiglie e all’articolazione delle attività didattiche), le proposte di riforma, se approvate definitivamente, potrebbero introdurre ora un cambiamento radicale.
I rientri potrebbero anche non essere effettuati.
L’autonomia organizzativa delle istituzioni scolastiche sarebbe, in questo senso, completa.
La scelta di svolgere le attività didattiche solamente in fascia antimeridiana non è infatti condizionata da alcuna situazione ostativa (tempo scuola settimanale complessivo, settimana corta, ecc.). In tal senso i diversi modelli orari allegati a titolo esemplificativo alle “raccomandazioni” ministeriali ne sono una prova eloquente.
Se pur non esplicitamente affermato, sembra di capire che nella scelta dell’organizzazione oraria delle lezioni le famiglie avranno un peso fondamentale con facoltà di pronunciarsi sulla quantità di rientri pomeridiani desiderati (compresa l’opzione “zero”) e sull’eventuale opzione della settimana corta, a proposito della quale è opportuno che i consigli di circolo, di fronte ad una scelta di maggioranza, non costringano i genitori di minoranza a subire la settimana corta, ma prevedano piuttosto l’organizzazione di una scelta alternativa su altra classe.
Tutto ciò a semplice titolo informativo, perché, trattandosi di norma regolamentare tuttora prevista dal Testo Unico (decreto legislativo n. 297/1994) l’obbligo dei rientri resta immutato. Ai consigli di circolo/istituto resta solamente la facoltà di deciderne la quantità.
4. Il tempo pieno
Tra le possibili modalità organizzative confermate dal decreto n. 61/2003 e non derogabili vi è anche quella del tempo pieno, secondo il tradizionale orario di 40 ore settimanali.
Come è già previsto, in caso di frequenza di scuole a tempo pieno gli alunni hanno l’obbligo di partecipare ad ogni attività, mensa compresa, mentre con l’orario normale, laddove si svolgano lezioni in fascia pomeridiana, la frequenza della mensa non è obbligatoria per gli alunni.
Attualmente gli orari di insegnamento nel tempo pieno, dove è ancora diffusa la tradizionale organizzazione di due docenti per classe, sono ripartiti in parti uguali tra i due insegnanti titolari.
Nel tempo pieno può essere introdotta la figura del docente prevalente con conseguente ripartizione oraria differenziata degli interventi didattici.
5. I tempi per insegnare
La durata degli orari di servizio degli insegnanti è fissata dal contratto, ma l’adozione del progetto di innovazione con determinazione di nuovi assetti organizzativi potrebbe determinare un’articolazione diversa con previsione del docente tutor.
Il docente tutor potrebbe prestare servizio nella stessa classe per un congruo orario o anche per l’intero orario di insegnamento settimanale (non necessariamente tutto frontale). Tale modalità di impiego spetta autonomamente alla istituzione scolastica.
La durata settimanale delle discipline d’insegnamento è rimessa alla competenza del collegio dei docenti che definisce il monte ore annuo di ciascuna disciplina, compreso l’insegnamento della lingua straniera (inglese).
L’insegnamento della religione cattolica resta ovviamente confermato in tutte le classi della scuola elementare in due ore settimanali, trattandosi di norma concordata nell’Intesa tra Stato italiano e Santa Sede.
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