Tuttoscuola: Non solo statale

SFIDE E PROSPETTIVE PER LE POLITICHE

La legislatura in scadenza si caratterizza per la mancanza di un reale processo di cambiamento. Il tentativo di riformare il sistema educativo non ha radici attuative consolidate perché è una riforma a futura memoria. La ragione è da rintracciare nel fatto che il nuovo volto ordinamentale è stato concepito in modo unilaterale ed ideologico, senza adeguate analisi d’impatto e sostegno finanziario. Quasi tutti hanno l’impressione che questa legislatura abbia peggiorato la condizione del sistema educativo.
La responsabilità politica del governo del Paese impone, viceversa, la messa in campo di un disegno di qualità per la scuola e la formazione che sappia recuperare un ritardo che ha radici lontane e promuovere la creazione di un contesto istituzionale e sociale favorevole e condiviso. Va identificato un terreno comune su cui fondare un dialogo vero, passando da atteggiamenti contrastivi ad interazioni possibili.
Il ristabilimento di un clima di attenzione e di fiducia richiede un’azione politica coerente ed incisiva; il semplice azzeramento dei processi in corso e qualche “grida” di manzoniana memoria non possono concorrere a risolvere le questioni sul tappeto.
Il rischio da evitare è restringere la riflessione solo sulle questioni ordinamentali. In tal modo si asseconderebbe la tendenza all’autoreferenzialità, propria di tutte le organizzazioni, all’estraniazione dai reali processi di cambiamento.
Conseguire gli obiettivi della strategia di Lisbona è cruciale per far fronte alle sfide derivanti dalla crescente globalizzazione, dalle rapide innovazioni tecnologiche e dall’invecchiamento della popolazione.
L’obbiettivo del miglioramento della qualità degli esiti formativi del sistema educativo richiede una comprensione dei fenomeni che ne determinano il processo di formazione per misurarsi con le radici dei mali che affliggono il sistema.
Alcune questioni consentono, al di là di valutazioni di merito, di cogliere gli elementi strutturali del sistema: la professionalità dei docenti, la condizione dei giovani e delle famiglie, il mercato del lavoro, le risorse finanziarie disponibili, i flussi relazionali tra i vari soggetti istituzionali.
E’ urgente definire una linea d’azione politica della prossima legislatura che aiuti la scuola a identificare la sua nuova collocazione nel più ampio sistema formativo.
Oggi la scuola deve sempre meno proporre modelli omologanti e sempre più rispondere alle sfide della differenziazione, dinanzi ad un destinatario sempre più disomogeneo e ad un’utenza caratterizzata, da qualche anno, dalla crescente presenza degli stranieri.
Questa sfida è, essenzialmente, di natura pedagogica, perché evidenzia la necessità di dare vita a varie offerte formative in risposta alla molteplicità degli stili di apprendimento e degli ambienti vitali.
La situazione, anche dalla parte della domanda, si presenta in modo complesso e richiede uno sforzo di interpretazione dei bisogni e delle scelte.
I giovani e le famiglie oggi preferiscono, in maniera crescente, la scuola secondaria superiore e l’università, mostrando interessi residuali verso proposte alternative quali l’apprendistato o la formazione professionale iniziale.
I recenti rapporti Censis e Isfol riportano, infatti, che la scelta della scuola secondaria superiore si aggira intorno al 94%, a fronte di percentuali molto basse relative all’apprendistato (2%), alla formazione professionale iniziale (3%), e ad altro del sistema (1%). Questa tendenza sarebbe positiva se il sistema educativo italiano non registrasse, nello stesso tempo, percentuali di dispersione scolastica che si aggirano intorno al 24%, una caduta nel raggiungimento del diploma o di una qualifica professionale entro il 18 anno di età (solo il 73% completa l’istruzione secondaria superiore, secondo dati del CNEL – aprile 2005) e percentuali crescenti di fuga dei giovani dalle scelte della formazione tecnica.
Un obiettivo ormai sembra condiviso da più parti: dare a tutti i giovani, fino a 18 anni, un’opportunità di istruzione o di formazione.
Il dibattito, aperto e ancora in atto, è sulle modalità del raggiungimento di quest’obiettivo. Seri monitoraggi nazionali potrebbero sostenere le Regioni a scegliere le modalità organizzative più efficaci per il raggiungimento di quest’obiettivo.
Ogni ipotesi, tuttavia, dovendo mirare al “successo formativo di tutti” dovrà partire, innanzi tutto, da quei giovani che stanno fuori dal sistema educativo; in secondo luogo da quel 30% circa di giovani che non arrivano a conseguire, entro i 18 anni, un titolo superiore o una qualifica professionale. Successivamente si dovrà guardare anche a quelli che stanno dentro il sistema, cui si devono dare offerte formative valide.
La questione di fondo è la costruzione di un sistema strutturato di opportunità formative ampio ed articolato, ancorato in ambito regionale, ma proiettato nel quadro nazionale.
E’ da considerare, inoltre che l’Italia, a differenza di altri Paesi Ocse, non ha sviluppato una formazione professionale superiore, ma, ha privilegiato la linea formativa universitaria. Il 74% dei maturati s’iscrive all’Università; poco più di 10 mila giovani scelgono i percorsi dell’istruzione e formazione tecnica superiore, promossa dagli istituti tecnici e professionali, in collaborazione con le Regioni, le imprese e le università.
Prima di affrontare specifiche questioni, alcune riferite ai processi in corso, altre più di prospettiva, è necessario ricordare, sinteticamente, gli snodi istituzionali su cui esse poggiano.

Gli snodi istituzionali

L’assetto istituzionale vigente delinea un sistema educativo di istruzione e di formazione unitario nel quale:
– lo Stato detta le norme di carattere generale, tutela e garantisce i livelli delle prestazioni, definisce i principi fondamentali;
– le Regioni, nel quadro di principi fondamentali stabiliti dallo Stato, disciplinano le funzioni di organizzazione e di amministrazione di carattere generale, definendo le linee programmatiche di sviluppo dei servizi;
– le Autonomie Locali sono competenti per la gestione dei servizi;
– le istituzioni scolastiche hanno piena autonomia funzionale.
La legge costituzionale 3 del 2001 ha attribuito alle Regioni competenza esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale, venendo così ad ampliare le attribuzioni regionali, precedentemente limitate alla sola formazione professionale. L’istruzione e la formazione professionale, pur se materia nuova secondo l’accezione del vigente titolo V della Costituzione, potrebbe però poggiare su un consolidato operativo della formazione professionale.
Le Regioni, infine, sono titolari della potestà legislativa per ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Si è dunque delineato un assetto di competenze che concorre a rendere visibile il significativo mutamento intervenuto nel quadro costituzionale delle competenze. Da questi nuovi contesti istituzionali derivano dei cambiamenti nelle specifiche politiche dell’istruzione e della formazione professionale.
Le Regioni sono chiamate, infatti, a svolgere un ruolo di indirizzo, programmazione e coordinamento, accompagnato da un’attività di monitoraggio dei processi e di valutazione degli esiti, nel quadro di un sistema legislativo, ispirato ai principi di sussidarietà e di autonomia.
Le Regioni singole e più ancora il Coordinamento, come dimostra l’intensificarsi dei lavori sia della Commissione degli Assessori Regionali, sia della Conferenza Unificata Stato-Regioni, stanno affrontando le questioni generali e di contesto normativo per creare le condizioni della definizione e dell’organizzazione progressiva del sistema educativo, puntando soprattutto sui processi.
Questa valorizzazione della dimensione territoriale e del ruolo degli enti locali consente di riproporre con più precisione il ruolo dei processi formativi rispetto all’altra faccia dello sviluppo economico e sociale attuale, segnato dalla crescita di incertezza, dalla contiguità tra flessibilità e precarietà, dalla privatizzazione del rischio sociale, dalla necessità di migliorare le personali opportunità di inclusione sociale e occupazionale.
Alcune questioni prioritarie

Tra le molte questioni che sono sul tappeto, e che richiedono un’ottica di integrazione e un sistema maggiormente coeso, si sceglie di segnalarne alcune che rivestono una significativa priorità.
Quantità e qualità delle risorse

Il miglioramento dei sistemi scolastici e formativi e la disponibilità di strumenti per un apprendimento di crescente qualità debbono essere gli obiettivi di una politica nazionale e regionale che voglia aprire il Paese al futuro ed alla speranza. Un’istruzione più alta per tutti e di eccellente livello per i capaci e meritevoli, come dice la nostra Costituzione, è decisiva per lo sviluppo del Paese e per coniugare insieme qualità ed equità.
Ciò presuppone per il personale docente e dirigente la qualità nei processi di formazione in servizio e di formazione individuale. Di contro alla richiesta di una più elevata professionalità del personale, deve corrispondere un maggiore riconoscimento sociale del ruolo svolto per contrastare la condizione di indifferenza che si sta insinuando negli insegnanti di fronte al flusso copioso di provvedimenti formali che hanno investito la scuola. Così come va attivata una linea d’intervento per il recupero di motivazioni e di un sano orgoglio di essere coessenziali nella costruzione di condizioni di sviluppo del capitale umano.
In questo quadro è necessario assicurare condizioni di efficienza e di efficacia, con l’istituzione di un sistema di monitoraggio di risultati e di processo a supporto delle scuole; una gestione integrata delle risorse professionali, materiali e strumentali e l’introduzione di condizioni favorevoli allo sviluppo professionale e coerenti con i tempi della vita, soprattutto per le donne.
In questa prospettiva occorre garantire la piena realizzazione dell’autonomia scolastica, quale elemento fondamentale dell’intero processo di trasformazione del sistema educativo. Per questo occorre contrastare sia le attuali tendenze di riduzione degli spazi di decisione e di responsabilità delle scuole da parte del Governo centrale, ma anche, soprattutto rispetto alla prospettiva devolutiva, di altri soggetti istituzionali (Regioni, Province, Comuni).

Gli esiti del sistema e l’occupabilità

Nell’ottica della scuola l’obiettivo è il successo nell’istruzione; in quella formativa è la realizzazione di un progetto di vita.
Il successo scolastico è connesso alla piena scolarizzazione, al sistema di facilitazioni, alla riduzione dei costi per la piena fruizione del servizio, all’esistenza di un sistema scolastico che integri il “sapere” al “saper fare”.
La realizzazione di un progetto di vita per ciascuna persona è legato all’esistenza di opportunità formative, di accesso facilitato alle occasioni di crescita culturale e civile, di un sistema di lavoro orientato alla formazione lungo l’arco dell’esistenza.
Il diritto allo studio implica la disponibilità di opportunità di scelta e di cambiamenti della scelta; il successo formativo presuppone un effettivo sbocco nel lavoro. Per questo bisogna sviluppare interventi di orientamento rivolti alle famiglie, agli studenti e a tutti i soggetti dell’istruzione, della formazione e del lavoro, per sostenere le scelte.
Le risorse umane e le esigenze del territorio

L’uniformità dei criteri di formazione delle classi sul territorio non assicura risposte ad una serie di bisogni, circostanze e caratteristiche socio-economiche.
I piani di riassetto degli organici, che sul territorio si sono succeduti negli anni, non sono sempre il risultato delle caratteristiche proprie del territorio e della popolazione scolastica. È mancata autonomia e adeguato approfondimento per realizzare, nel tempo, una vera programmazione, della quale si sente fortemente la mancanza.
La Regione, nel quadro dei nuovi assetti di competenze, può gradualmente iniziare un percorso caratterizzato dalla partecipazione delle realtà locali e delle istituzioni scolastiche, e fondato su una serie di dati obiettivi, anche esterni alle realtà scolastiche, in grado di dare un senso diverso, e una motivazione più ampia, a scelte sorrette insieme dalla volontà di attuare il diritto allo studio, di rispondere alle esigenze degli alunni eliminando o riducendo i condizionamenti, e di agire in coerenza con il prevedibile sviluppo economico e sociale della zona.
Salvo eccezioni, le risorse professionali sono state quasi esclusivamente investite nella formazione delle classi.
L’amministrazione regionale dovrebbe avere la possibilità di far prevalere una linea che punti sull’utilizzazione di docenti, svincolati dall’incardinamento in un modello organizzativo retto dal rapporto cattedra–docente, con possibilità d’impegno, attraverso modalità adeguate, nella realizzazione di progetti stabili e utilizzabili da una rete di scuole per un obiettivo comune.

Formazione dei docenti

La questione docente è prioritaria perché costituisce la leva decisiva per elevare l’efficacia formativa del sistema educativo.
I contenuti del provvedimento legislativo n. 227/05 sono fortemente condizionati dalle decisioni assunte dal Governo sul secondo ciclo, dalla presenza paralizzante delle graduatorie permanenti dei docenti e dalla mancanza di decisioni sul percorso di formazione iniziale dei docenti per il sistema di istruzione e formazione professionale.
La proposta di formazione concerne, infatti, solo la quota dei posti riservata al concorso per esami e titoli. Ciò non crea le condizioni del cambiamento perché i processi di riforma devono essere sempre accompagnati da un impegno di formazione mirato che coinvolga tutti i docenti.
Dopo l’accoglimento della richiesta delle Regioni di espungere la norma relativa alla possibilità da parte delle Regioni di adottare il medesimo percorso iniziale dei docenti per il sistema di istruzione e formazione professionale, perché ritenuta materia d’intesa e non già di parere, come sostenuto dal Miur, la materia non è stata più trattata; ma la questione, se non tempestivamente affrontata, rischia di minare il principio di pari dignità dei due percorsi nell’ambito del secondo ciclo che senz’altro dovrebbe avere come presupposti l’unicità della funzione docente e l’omogeneità della formazione iniziale di tutti i docenti. Ciò a garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni e dell’articolazione unitaria del sistema del secondo ciclo.
In realtà sono aspetti di carattere generale che riguardano tutto il sistema educativo, come quello, ad esempio, dell’abilitazione all’insegnamento che dovrebbe essere valida ovunque sia svolta l’attività professionale (istituti scolastici statali, scuole paritarie, comprese quelle gestite dagli enti locali, sistema dell’istruzione e formazione professionale).
Altro punto decisivo è costituito dalla correlazione tra accesso alla formazione universitaria specialistica e posti disponibili a livello regionale, la quale dovrebbe garantire l’equilibrio tra domanda ed offerta di insegnanti. Su questo versante si pongono due questioni: la prima concerne le procedure e i parametri per la rilevazione del fabbisogno degli insegnanti, la seconda riguarda il soggetto competente a farla. Alla luce delle modifiche costituzionali introdotte dalla riforma del titolo V, parte seconda, della Costituzione, e dell’orientamento espresso dalla corte Costituzionale con la decisione n. 13/2004, tale responsabilità spetta alle Regioni.
Anche in questo caso non c’è chiarezza, poiché l’articolo 3, comma secondo, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 227, prevede che “(…) con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (…) è determinato il numero dei posti che si prevede di coprire per concorso nelle scuole statali (…) rilevati su base nazionale (…)”.
Il nuovo sistema di formazione iniziale e permanente degli insegnanti sembra, inoltre, prefigurare una delega istituzionale all’Università per quanto attiene ai percorsi e ai contenuti formativi e riconosce un ruolo, marginale e residuale, alla direzione scolastica regionale e, cosa ancor più significativa, non tiene conto del nuovo assetto di competenze nel settore della programmazione dell’offerta integrata di istruzione e formazione, della definizione di obiettivi strategici in relazione alla vocazione economico-sociale del territorio. Nell’organizzazione territoriale dell’offerta formativa, nella gestione del personale della scuola, le scelte operate impediscono la definizione di un quadro di certezze sulle competenze e sulle responsabilità dei soggetti istituzionali coinvolti nel governo del sistema, nonché l’attivazione di una positiva cooperazione dei vari soggetti coinvolti, indispensabile per assicurare interventi efficaci su quest’aspetto decisivo per il miglioramento della qualità degli esiti formativi del nostro sistema educativo.

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